Messina: “Draghi deve restare a Palazzo Chigi. La lotta alla povertà priorità assoluta”

Qualcuno sostiene che la legge di Bilancio sia rinunciataria, la legge delega sul Fisco è tutta da scrivere, sulla riforma previdenziale c’è stato un rinvio. Come la giudica?

«Credo che per le condizioni in cui ci troviamo sia una manovra di grande realismo e molto pragmatica. È evidente che però questo non può essere il modo in cui gestiremo prossimo anno e mezzo di governo. Ci sono fasi – come questa che è di transizione mentre ci si avvicina alla scelta del futuro Presidente della Repubblica – in cui il compromesso è inevitabile, per tenere tutti a bordo. Poi bisognerà trovare qual è il filone di priorità. Mi sembra che il presidente del Consiglio abbia dimostrato in tutta la sua storia di avere un grado di capacità nell’affrontare anche le fasi transitorie con una visione che ha sempre portato risultati nel medio-lungo termine».

Il leader della Cgil Landini critica il governo rispetto a un disagio sociale che sembra montare nel Paese e di cui il governo sembra rendersi poco conto. Da ministero ombra delle Attività Produttive, quale appare oggi Intesa Sanpaolo, come giudicate il rischio di conflitti sociali?

«Gli italiani hanno reagito alla crisi in modo straordinario. Ce la possiamo fare se ognuno fa la sua parte e evita di lamentarsi troppo».

I banchieri e le autorità monetarie ribadiscono che il sistema bancario è solido, ma è recente lo choc per la rottura delle trattative su Mps e resta pendente il caso Carige. Dobbiamo aspettarci altre crisi bancarie?

«Non ne vedo all’orizzonte, ritengo che in Italia abbiamo due condizioni di attenzione. Una è Carige e ritengo che nel corso dei prossimi mesi possa avere un suo percorso di soluzione positiva. L’altra è Mps. Ma Siena è tornata a generare utili. Ed è controllata dallo Stato. Solo in Italia questo può essere considerato un problema, soprattutto per un arco temporale limitato: in Europa non è uno stigma per nessuno. È chiaro che bisogna garantire il tempo necessario perché la Commissione Ue possa consentire di continuare a operare in tale contesto statale. Nel contempo però i tassi tenderanno a salire, e ciò favorirà la redditività di banche come Siena con forti depositi. Nel mentre lo Stato potrà lavorare per una privatizzazione a condizioni migliori di quelle della negoziazione che non ha avuto buona conclusione».

Sulla ripresa grava anche l’incognita della tensione sui prezzi delle materie prime. Quanto la preoccupa?

«Credo che l’elemento collegato con la crescita dei prezzi in Europa abbia un carattere non strutturale. Superata la fase invernale, nel corso del 2022, una grossa componente verrà riassorbita».

I tassi di interesse risaliranno. Dopo la Fed, anche la Bce cesserà gli acquisti di debito sovrano del nostro Paese. Perché lo spread risale?

«Lo considero un fenomeno fisiologico dovuto al rialzo dei tassi. In Usa avverrà più rapidamente, la Bce attenderà il 2023 prima di iniziare a muovere tassi di interesse. Oggi il debito non è considerato la priorità da nessuno degli investitori internazionali. L’Italia è vista come un’opzione di crescita perché ha un potenziale di rimbalzo molto significativo, se la sua gestione sarà corretta. Oggi non c’è elemento che io veda come fattore di possibile allarme, ma grandissima volontà di effettuare investimenti nel Paese».

Domanda diretta: dove sta meglio Draghi, a Palazzo Chigi o al Quirinale?

«Rispondo non da banchiere, ma da cittadino. Ritengo che oggi abbiamo un presidente della Repubblica integerrimo, un galantuomo che ha gestito le fasi difficili del populismo e della pandemia in modo unico, un personaggio irripetibile. A Palazzo Chigi c’è un uomo che è il meglio che l’Italia possa esprimere in credibilità, cose fatte e reputazione. Togliere questo tipo di prospettiva al nostro Paese lo considero un fattore che indebolirebbe di molto il nostro Paese. Ritengo che il presidente del Consiglio, rimanendo al suo posto, possa fare il bene del nostro Paese».

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