La società e i rischi di un Paese che ormai dice no a tutto

di Walter Veltroni

Le regole del gioco si fanno insieme e la partita è tra avversari. In Italia, al contrario, le regole cerca di imporle la maggioranza e il governo si fa tutti insieme

Ci stiamo abituando a dire solo no, no a tutto. Il «bel paese dove il sì suona», verso di Dante che rischiarava uno dei canti più cupi della Commedia, potrebbe ormai essere volto al suo contrario. Stiamo diventando davvero «il bel paese dove il No suona». O almeno questa è l’impressione. No vax, no green pass, no tav, no euro, no immigrati…

E i governi che da decenni si costituiscono sono fondati spesso, esclusivamente fondati , su un No. No ai comunisti, no ai post comunisti, no a Berlusconi, no al Pd, no a Salvini.

E così abbiamo avuto il capolavoro di governi precari, eterogenei fino al caos, incapaci di generare riforme e modernità perché non fondati su una comune visione del futuro della società italiana, né talvolta sulla comunanza dei valori minimi di riferimento. I programmi sono stati documenti di centinaia di pagine che annacquavano le differenze in un profluvio di parole senz’anima e, come accade ancora oggi, allo stesso tavolo di governo possono sedere forze che si considerano, o dovrebbero considerarsi, alternative. Le stesse forze, per paradosso, contro le quali, solo dodici mesi prima, si era formato, con gran rumore di grancassa, un governo del tutto diverso.

Così la politica, «arte regia» per Platone, finisce col sembrare una gigantesca porta girevole di albergo e si perdono le nitide, ossigenanti, differenze tra forze, culture e programmi che distinguono sinistra e destra del duemila.

E il grottesco è che, in fondo, aleggi sempre una sorta di pregiudizio di legittimità democratica degli uni verso gli altri. Ma, nel momento in cui, anche in una situazione d’emergenza, si è giustamente collaborato, non può più esistere quel pregiudizio che spinge a definire i propri avversari, oggi partner di coalizione, come non legittimati a gestire la cosa pubblica.

Se provassimo a fare un passo in avanti? A dismettere i pregiudizi che servono ad alimentare gli schieramenti che nascono solo contro e tentassimo di ricreare la virtuosa dimensione delle regole di una democrazia? Quella che i nostri costituenti, divisi da ideologie e riferimenti internazionali — non le bazzecole di oggi — seppero mettere in campo? Se cioè i due schieramenti le cui radici affondano, seppure in forma molto mediata, nella storia italiana, dialogassero e convergessero sulla definizione delle regole del gioco e poi divergessero, confrontandosi anche aspramente, su programmi e valori per il futuro dell’Italia e degli italiani?

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.