Il destino dell’Italia che lavora

Per quanto poi riguarda le opportunità generazionali è prevista tutta una serie di misure che promuovono l’acquisizione di nuove competenze da parte dei nuovi segmenti di giovani, per ridurre il cosiddetto shortage di risorse umane in specifiche professionalità e per favorire pertanto l’incontro (il matching) tra il sistema di istruzione e di formazione e il mercato del lavoro, mediante anche il rafforzamento del «sistema duale», cioè l’alternanza di momenti formativi in aula e di formazione pratica in contesti lavorativi. Inoltre si potenziano le politiche attive del lavoro, mettendo anche in discussione l’attuale governance che dovrà essere profondamente rivista, esaltando i Centri per l’impiego, con l’obiettivo di fornire servizi finalizzati alla riqualificazione professionale (upskilling e reskilling), mediante il coinvolgimento dei portatori di interessi pubblici e privati.

Le linee sono tracciate, i soldi ci sono e i temi non sembrano neanche quelli che ingolosiscono troppo gli attori opportunisti e spregiudicati che normalmente si infilano in questi frangenti preparando l’assalto alla diligenza (se si eccettua coloro che da sempre razzolano nel grande buco nero dei fondi interprofessionali). Occorre però fare presto, molto presto, perché il tempo stringe e i potenziali beneficiari aspettano con ansia, specialmente quelli che sperano in una maggiore inclusione sociale. E attuare bene. Il premier Draghi in un recente discorso pubblico ha detto che occorre «spendere in maniera efficiente e onesta»: è il momento dell’execution per chiudere il gap competitivo con i paesi più avanzati. Ma l’elemento nuovo della politica di questi mesi è il governo del processo: la cosiddetta «cabina di regia» nazionale che rappresenti senza sbavature e tentennamenti un punto centrale di coordinamento, di erogazione e di controllo della coerenza tra i progetti suggeriti e gli indirizzi del Pnrr. Un centro che possa scendere nei territori con task-force che supportino in molti casi le carenze tecniche esistenti nelle province e nelle regioni, al fine di colmare anche l’ultimo miglio dei processi. Nel Pnrr c’è il destino dell’Italia che lavora, la misura di quello che sarà lo Stivale nella comunità internazionale di questo millennio.

CORRIERE.IT

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