Boom dei prezzi più lungo del previsto presto la Bce dovrà tagliare gli stimoli

Questo era necessario perché le chiusure dell’anno scorso avevano causato non solo una perdita di reddito (per molti anche se non per tutti), ma anche un’elevata incertezza che scoraggiava gli acquisti per beni di consumo e di investimenti. Questa immissione di potere d’acquisto ha aiutato la ripresa della produzione, ma ha anche impattato sui prezzi. Forse le banche centrali e i governi hanno esagerato.

Ma guardiamo in avanti. I primi due ordini di fattori sono di natura contingente e temporanea, il che dovrebbe aiutare. Quello che accadrà all’inflazione dipende però anche dal terzo ordine di fattori, le politiche macroeconomiche. Chi vuole mantenere politiche fortemente espansive teme che si ripeta l’errore (o presunto tale) nella gestione macroeconomica del 2010-2011: dopo la crisi economica globale, si dice, le politiche macroeconomiche furono strette prematuramente, causando un rallentamento economico negli Stati Uniti e, addirittura, la crisi dell’area dell’euro nel 2011-2012.

Che questa tesi sia corretta o meno, fatto sta che i gestori delle nostre politiche macroeconomiche sembrano orientati a un’uscita molto graduale dalle politiche di sostegno.

A fronte di un’inflazione che negli Usa ha raggiunto il 6,2 per cento in ottobre, il record in oltre 30 anni, e con un livello dei prezzi che eccede il trend pre-Covid più o meno dello stesso ammontare, la banca centrale americana (la Federal Reserve) ha annunciato solo una graduale riduzione nell’acquisto di titoli di stato federali.

In Europa l’inflazione è più bassa (4,1 per cento) e solo ultimamente il livello dei prezzi ha superato (e di poco) il trend pre-crisi, ma per ora i segni di rallentamento dei prezzi sono limitati e la Banca centrale europea sta continuando il suo programma di acquisti di titoli di stato senza un significativo rallentamento.

Si potrà dire che, al netto dell’effetto dell’aumento delle materie prime (guardando cioè alla cosiddetta “core inflation”), l’impennata dei prezzi non è così forte. Ma la stessa inflazione delle materie prime è influenzata, in parte, dall’abbondanza di potere d’acquisto nel mondo e quindi dall’effetto combinato dell’azione delle politiche macroeconomiche di tutti i paesi. Non viene da Marte.

Cambio di passo

Tutto sommato, se le banche centrali vorranno frenare l’inflazione, dovranno probabilmente stringere la politica monetaria prima di quanto si pensava pochi mesi fa, smettendo di finanziare i deficit pubblici stampando moneta e aumentando i tassi di interesse.

A quel punto gli stati più indebitati (come il nostro) affronteranno condizioni finanziarie più difficili. Da qui la necessità di proseguire in modo deciso sul sentiero delle riforme per aumentare la produttività e competitività della nostra economia cui dobbiamo affidare la crescita di lungo periodo nel nostro Paese. 

LA STAMPA

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