Virus, il picco a Natale. “Trentamila contagi, poi inizierà la discesa”
di Elena Dusi
Altri 8.569 positivi e 67 vittime di Covid ieri in Italia. “Ogni settimana aggiungiamo un paio di migliaia di casi alla media giornaliera. Di questo passo arriveremo a 20-30mila a Natale”. Roberto Battiston, astrofisico di fama, è anche direttore dell’osservatorio epidemiologico sul Covid all’università di Trento. La situazione in Italia è in lento ma stabile peggioramento. Ieri sono cresciuti ancora i ricoveri ordinari (62 in più, 3.509 in totale), mentre c’è un letto di terapia intensiva occupato in meno (422 in totale). Le persone attualmente con il virus sono 106.920, 4mila in più di ieri. Lombardia e Veneto hanno superato i mille casi. “Cominciano a essere numeri importanti” sottolinea Battiston. “Se parti basso ci metti tempo a risalire. Ma se hai tanti casi, ogni volta che raddoppi arrivi presto a numeri alti”.
Il rapporto settimanale della Fondazione Gimbe conferma la risalita: dal 3 al 9 novembre i casi sono aumentati del 37,7% rispetto alla settimana prima (da 29.841 a 41.091). “È la terza settimana consecutiva di incremento” spiega il direttore di Gimbe Nino Cartabellotta. Il Friuli Venezia Giulia è il crocevia di diverse preoccupazioni. L’occupazione delle terapie intensive ha superato il 10%: da lunedì scorso è all’11%. “Serve la zona gialla” chiede Alberto Peratoner, che dirige il sindacato degli anestesisti-rianimatori in Regione. I nuovi casi settimanali a Trieste – epicentro delle proteste contro il Green Pass – hanno raggiunto il livello monstre di 471 ogni 100mila abitanti. La soglia di allerta in Italia è fissata a 50. La vicinanza con la Slovenia, uno dei malati più gravi d’Europa, con appena il 40,5% della popolazione vaccinata, non aiuta.
“L’epidemia – spiega Battiston – è come un fiume in piena che in questo momento scorre veloce e copioso. Non riusciamo a ridurne la portata, ma in Italia al momento ci salviamo perché abbiamo buoni argini”. Il 73,2% della popolazione ha avuto le due dosi. “Oltre ai vaccini, abbiamo Green Pass e obbligo di mascherine. Con queste misure, anche le scuole sono restate ai margini dell’epidemia. L’anno scorso invece a ottobre eravamo al finimondo”. Gli argini però mostrano segni di cedimento. “Il freddo, la vita ripartita in modo pressoché normale, le prime dosi ormai ferme, i vaccini che non offrono una protezione completa – ragiona Battiston – fanno sì che parte dell’acqua superi gli argini e fuoriesca”.
Quel che serve ora è rafforzare le barriere. Come? “Con le terze dosi e vaccinando i ragazzi” spiega il fisico. “Nessuna delle due azioni però sarà rapida, o avrà un impatto massiccio pari a quello della prima campagna vaccinale. A giugno, quando l’immunizzazione era ormai molto ampia, eravamo a livelli bassi di casi nonostante l’arrivo della Delta”.
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