Quirinale, il riscatto dei peones: per una volta conteranno (grazie al voto segreto)

di Francesco Verderami

Per il Colle potrebbero eludere l’indicazione dei leader. È un sentimento collettivo che non ha vincoli di appartenenza. Li accomuna «il senso della rivincita»

Ridotti da anni a ratificare scelte altrui, sul Quirinale i peones puntano a fare da soli. I parlamentari sanno che per la prima volta conteranno. E siccome per moltissimi la prima volta sarà anche l’ultima, nella scelta del capo dello Stato potrebbero farsi beffe delle indicazioni dei leader e cambiare le sorti della Corsa, elevando così a regola la massima grillina: quella dell’«uno vale uno». È un sentimento collettivo che non ha vincoli di appartenenza: in Transatlantico si riconoscono tra loro con una battuta fugace. Li accomuna «il senso della rivincita», definizione del leghista Volpi, che per la sua esperienza fin qui ne ha viste tante e che nella gara per il Colle si prepara a vederne tantissime. I vietcong del voto segreto militano in tutti i gruppi, dove «nessuno controlla nessuno», come dice Quagliariello: «E quando qualcuno pensa di controllare venti colleghi, è già considerato un grande elettore». Questa è la condizione del Palazzo, «e c’è un’evidente responsabilità — secondo il capogruppo forzista — se tutto è fuori controllo». Pur militando in uno schieramento diverso, Barelli la pensa come il sottosegretario Tabacci, che viene dalla vecchia scuola diccì e interpreta il momento come «la legge del contrappasso»: dopo il taglio dei vitalizi, la riduzione del numero dei parlamentari e (per i grillini) il limite dei due mandati, «ecco come sono stati ridotti la politica e il Parlamento».

Un’altra storia

Servirà uno sforzo titanico dei partiti per ricondurre i gruppi alla ragione, altrimenti nessuno sarà capace di indirizzare il risultato. È vero, mancano ancora due mesi al rendez vous, e ha ragione Letta quando spiega che «non si è mai visto un presidente della Repubblica scelto due mesi prima del voto». Ma un mese prima sì, stando al racconto che sette anni fa fece l’allora capo della segreteria del Pd Guerini per festeggiare con i deputati l’elezione di Mattarella : «Avevamo deciso un mese fa», mentre tutti andavano dietro il patto del Nazareno. Certo, dopo la decisione bisognò lavorare gli ultimi giorni. Solo che allora i partiti erano ancora solidi. Adesso è un’altra storia. Bastava sentire l’altro ieri il dem Raciti, mentre alla Camera discuteva con alcuni compagni di Quirinale: «Quando c’è un voto a scrutinio segreto, i parlamentari si convincono non si costringono». E c’è da scommettere che stavolta nessun leader potrà rendere nota la decisione all’ultimo momento con un sms. In realtà, il risultato non è scontato nemmeno se la scelta si conosce con largo anticipo. In Forza Italia, per esempio, c’è una spaccatura che la candidatura di Berlusconi al Colle non riesce fino in fondo a sanare.

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