Letta: “Patto nella maggioranza per blindare la manovra, poi parleremo di Quirinale”

Per farlo serve un premier del Pd?
«Serve avere tanti voti, essere convincenti e trovare una forza che oggi ancora non abbiamo. Uno dei modi è essere meno compromissori e meno ambigui. Più netti e un po’ più radicali. Di fronte a quel che sta succedendo in Polonia, a una compressione dei diritti, non possiamo più balbettare. Dobbiamo alzare il tiro della risposta. La conservatrice Ursula von der Leyen è più dura di noi».

Cos’è che la preoccupa: i muri, la legge sull’aborto?
«Il modello di società. Che il premier polacco e ungherese vogliono costruire su un ruolo diseguale tra uomini e donne. In famiglia, all’uomo è riconosciuta una primazia. E la donna, se non lavora e sta a casa è meglio. Dentro questa logica, i diritti del mondo Lgbtq non esistono. Dobbiamo fare una battaglia visibile su questi temi».

Si aspettava resistenze all’ingresso del Movimento 5 stelle nel gruppo dei socialisti al Parlamento europeo? La prima ad avere dubbi è la sua vice, Irene Tinagli.
«Tutti i nostri europarlamentari hanno fatto un comunicato ripetendo che non ci sono pregiudiziali. Bisogna capire le modalità e la convinzione con cui loro entreranno, se è una questione burocratica o se c’è una scelta politica dietro».

Nel frattempo per protesta è uscito Carlo Calenda.
«Non mi sembra sbagliato che Calenda presidi il gruppo di Renew. La sua uscita era nella logica delle cose».

Le mobilitazioni dei no Green Pass sono un catalizzatore di rabbia, paura, scontento. I sindacati saranno a Palazzo Chigi martedì per parlare di pensioni, ma sono arrivati a minacciare lo sciopero generale. Non teme che queste tensioni possano deflagrare e che il governo non ne stia tenendo abbastanza conto?
«La mia principale paura riguarda i dati della pandemia, che in alcuni Paesi europei stanno ridiventando preoccupanti. Quando vedo i numeri della Germania, dell’Austria che è ai nostri confini, temo che con il clima che ha descritto una quarta ondata troverebbe una fatica sociale difficilmente contenibile, semmai si dovesse affrontare in maniera dura».

Come si evita uno scenario simile?
«Bisogna evitare che arrivi con l’accelerazione delle terze dosi. E bisogna essere netti e irreprensibili sui Green Pass. La decisione di vietare i cortei No Vax nei centri storici è giustissima».

Cosa pensa della vaccinazione dei bambini sotto i 12 anni?
«Non mi crea nessun problema. Penso invece sia preoccupante che in nome del folclore si dia spazio alle posizioni antiscientifiche di qualcuno perché si chiama Kennedy. Non possiamo permetterci che le trasmissioni tv pensino a fare audience invitando personaggi come questi».

La Lega intende presentare un emendamento per spostare finanziamenti dal reddito di cittadinanza alla flat tax. Il gioco delle bandiere porta instabilità. Come si arriva così fino al 2023?
«Anch’io vedo uno sfilacciamento in corso che temo moltissimo, perché in questo momento c’è bisogno dell’opposto. Un’assunzione di responsabilità delle forze politiche a sostegno di Draghi. Un patto tra i partiti che sostengono questo governo. Propongo un incontro di tutti i leader della maggioranza con il premier perché questo accordo sia formalizzato. Ognuno rinunci alla sua bandiera per un risultato condiviso da tutti».

Teme che nel gioco al rialzo tutto possa crollare?
«Immaginare che sulla prima manovra di questo governo ci possa essere un Vietnam parlamentare non è accettabile».

Un patto che serve anche in chiave Quirinale?
«Quello è il secondo tempo. Se non si spostano a dopo l’approvazione della manovra le giuste e legittime discussioni che dobbiamo fare sulla migliore soluzione per il Colle ne andrà di mezzo la legge di bilancio e saliranno le tensioni nel Paese. Le strategie sul prossimo presidente non possono interferire su decisioni che milioni di cittadini attendono, come quelle sulle pensioni. Altrimenti finiremo per alimentare l’idea che la politica è diventata l’ostacolo. E poi alle elezioni dovremo andarci noi».

Le tensioni si sono viste anche sulla mancata approvazione della legge Zan. Il Pd ha mancato una promessa.
«È evidente che quella vicenda è stata un vulnus. L’immagine che il Senato ha dato, quell’applauso volgare e sguaiato, è rimbalzato in tutto il mondo. L’idea che mezzo emiciclo scatti in piedi ad applaudire l’affossamento di una norma contro l’omotransfobia è incomprensibile e gravissima».

L’accusa è che non abbiate mediato abbastanza.
«Alla Camera c’era già un altro testo, io stesso ho aperto pochi giorni prima di quel voto. Quell’applauso dimostra piuttosto che nella destra c’era solo la volontà di affossare la legge».

Dopo quel voto, il nuovo Ulivo va ancora dai 5 stelle fino a Italia Viva?
«In questo momento il campo largo si costruisce a partire dal protagonismo dei cittadini. Abbiamo vinto le amministrative grazie al civismo, parlando con le persone senza essere mediati dai social network guardandole negli occhi. Per le agorà abbiamo scelto persone esterne al Pd molto diverse tra loro, da Carlo Cottarelli a Elly Schlein, ma capaci di lavorare insieme e che potrebbero stare benissimo nello stesso governo. Per questo invito tutti a iscriversi e partecipare. Alla campagna elettorale di Torino Stefano Lorusso si era inventato la sedia del dialogo. A un incontro andai anch’io e su quella sedia, a piazza Galimberti, si sedettero un bambino e una bambina di 12 anni. La cosa che li preoccupava di più era il gas che usciva dagli autobus, poi i giardini della piazza che non erano rifatti. Infine il bullismo, perché uno di loro era di origine rumena – non si sentiva affatto dall’accento – ma gli altri lo sapevano e lo prendevano in giro».

Prende ancora l’impegno sullo ius soli?
«Con Andrea Riccardi in una delle agorà definiremo una nuova proposta di legge sulla cittadinanza».

È accettabile in politica che si ricerchi il consenso attraverso il dossieraggio sui nemici, le squadre social per attaccarli, addirittura un investigatore privato come emerge dalle carte dell’inchiesta di Firenze sulla fondazione Open e su Matteo Renzi?
«Ho letto quelle cose e sono rimasto esterrefatto. Non aggiungo altro perché lo stato del dibattito politico in Italia è tale, per la storia che ci portiamo dietro, che qualsiasi cosa io dica diventerebbe un caso».

Può dirmi cosa pensa delle bestie social, del meccanismo per cui si identificano nemici da colpire?
«Erroneamente continuiamo a pensare che il tema siano le fake news. E invece, il tema sono le campagne occulte di disinformazione. Come quella che nel 2016 aveva portato all’elezione di Trump negli Stati Uniti. Su quello bisogna agire a livello europeo».

Può dirmi anche cosa pensa dei finanziamenti di società private o Stati esteri ai politici? Com’è possibile non comporti automaticamente un conflitto di interessi?
«Credo che ci sia bisogno di rimettere mano complessivamente al finanziamento della politica. La legge che feci io – che non abolisce il finanziamento pubblico, ma crea il meccanismo del 2 per mille – non è stata seguita dal completamento necessario. È oggettivo che ci siano dei problemi».

LA STAMPA

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