Zaia: «Grave manifestare senza mascherina. Essere negazionisti è un gioco pericoloso»
di Marco Cremonesi
Il governatore veneto dopo il maxi corteo di Padova:. il dissenso è un diritto ma no a fake news e aggressività
«Se vai a manifestare contro il green pass senza mascherina, evidentemente il problema è più grave: significa negare il virus». Luca Zaia non lo nasconde: «Sono molto preoccupato». Le 5 mila persone che sabato hanno manifestato a Padova, l’aumento del virus tra gli sport di squadra, la lenta crescita dei contagi fanno dire al governatore veneto che «la pandemia non è superata».
Ma cosa si può dire a chi scende in piazza senza neppure la mascherina?
«Questo virus è stato un big bang della storia. Sanitario, vista
l’immane tragedia, e anche economico. Ma rischia di esserlo, più a
lungo, di natura sociale. Si è diffusa che l’idea che del virus non si
muore o addirittura che il virus non esista. Di certo, il virus
sopravviverà a sé stesso proprio come spaccatura sociale».
Modello austriaco? Lockdown per i non vaccinati?
«Credo che da noi sarebbe di difficile applicazione dal punto di
vista costituzionale. E a me piacerebbe pensare a noi stessi come a una
comunità, non riempirci di divieti. Come al solito, fa più rumore la
pianta che cade che la foresta che cresce. In Veneto, quasi l’85% delle
persone è vaccinato. Ma sono molto più rumorosi alcuni di quel 15% che non lo è».
Insomma, è preoccupato?
«In un paese civile e, sottolineo, democratico, deve essere diritto
di tutti il manifestare. Ma le manifestazioni non possono trasformarsi
in un problema serio per la popolazione. Peggio ancora se la piazza
porta ad aggressioni verbali e magari anche fisiche, vedasi Roma e
Trieste».
Come se ne esce?
«Voglio essere ottimista: con la pacificazione, ricordo che la
nostra forza è l’essere comunità. Rispetto fino in fondo chi ha paura di
vaccinarsi. Ma non posso giustificare i diffusori di fake news e gli
agitatori. Un impianto costruito su notizie false e messaggi aggressivi
non è accettabile».
Molti dei manifestanti sono negazionisti.
«Sì, ma è un gioco pericoloso. Vedo che chi parla alla gente, magari
esponenti della comunità scientifica, riduce il Covid a un’infezione
che si cura a casa. È così, nel 95% dei casi. Ma il 5%, dell’ospedale ha
bisogno eccome. In Veneto abbiamo avuto 470 mila contagiati dal
febbraio 2020. Di questi, solo 23 mila hanno avuto bisogno del ricovero.
Ma i professionisti di queste manifestazioni leggono il dato in modo
liquidatorio».
Il Covid come un’influenza di stagione?
«Di fronte a oltre 5 milioni di morti nel mondo, non può passare
l’idea che tutto era evitabile o, peggio ancora, che tutto sia stato una
montatura».
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