Timori di litigi e veti incrociati, il gelo di Draghi con i leader
Annalisa Cuzzocrea
Si può anche cambiare metodo, ma dev’essere per il meglio. Intorno a Mario Draghi cresce lo scetticismo per la proposta lanciata da Enrico Letta: un patto tra i leader di maggioranza – davanti al presidente del Consiglio – per fare gli aggiustamenti necessari e poi mettere in salvo la legge di Bilancio.
L’intenzione del segretario Pd non era certo quella di mettere i bastoni tra le ruote al leader dell’esecutivo. Il timore di Letta era piuttosto il Vietnam sulla manovra: la guerra degli emendamenti incrociati, le possibili maggioranze variabili, una conseguente e pericolosa destabilizzazione. Soprattutto dopo i fuochi delle elezioni amministrative e alla vigilia dell’elezione del nuovo capo dello Stato. Ma a Palazzo Chigi, nell’entourage del premier e tra i suoi ministri, emergono ben altri timori.
Il primo riguarda proprio il ruolo del presidente del Consiglio. Draghi finora ha usato un metodo consolidato e in linea con il mandato ricevuto da Sergio Mattarella: il suo è un governo di salvezza nazionale che deve volare al di sopra dei conflitti dei partiti. In qualche modo prescinderne, pur nell’obbligo di trovare un punto di incontro. Per questo, le mediazioni il premier le ha sempre fatte a livello di cabina di regia, con i ministri, o facendo sì che a cercare un confronto fossero i capigruppo. Con i leader di Pd, Lega, Forza Italia, Movimento 5 Stelle, ha sempre voluto trattare separatamente. E così pensava di continuare a fare, convinto che sia il modo più semplice di mantenersi in equilibrio sopra la follia di una maggioranza che va da chi vorrebbe tutti i soldi del taglio delle tasse nelle busta paga dei lavoratori dipendenti e chi – Lega e Forza Italia – pensa al contrario che debbano andare agli autonomi e all’abolizione dell’Irap, la tassa regionale sulle imprese.
Il secondo timore sono gli effetti di un tavolo del genere, che ricorda tanto quelli che – da premier tecnico – era costretto a tenere Mario Monti. Con le inconvenienze di dover gestire liti, capricci e defezioni improvvise. Perché rischia di limitare lo spazio di azione del premier: «Che succede – chiede un ministro – se i leader si accordano davanti a lui per cambiare l’ecobonus e il presidente non vuole?».
Il centrodestra ha accolto l’idea con entusiasmo e addirittura, nel caso del segretario della Lega Matteo Salvini, rivendicandola. Ma attorno a Draghi fanno notare i silenzi: cosa intende fare Italia Viva? Matteo Renzi e i suoi non si fidano della proposta, se non altro perché viene dal segretario Pd. Si chiedono cosa ci sia dietro e anche se sostengono, ufficialmente, che non saranno loro a mettersi di traverso qualora il premier decidesse di andare in quella direzione, certo non premono per farlo.
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