Timori di litigi e veti incrociati, il gelo di Draghi con i leader

Ma l’incognita maggiore è il Movimento: «Non abbiamo alcuna intenzione di riportare al tavolo Salvini dopo anni di battaglie», dice uno dei massimi dirigenti M5S. Né i 5 stelle hanno alcuna voglia di rimettersi al tavolo anche con Renzi, cui ieri hanno indirizzato 13 domande a proposito del piano anti-Grillo emerso dalle carte dell’inchiesta di Firenze sulla fondazione Open. Per i ministri, significherebbe vedere limitato il loro ruolo a vantaggio di quello di Conte. Ma in generale, sono tutti i parlamentari a rivendicare una maggiore centralità, che il caminetto dei leader umilierebbe.

Così, da Chigi si fa sapere che se tutti sono d’accordo è un conto, ma se ci sono dubbi si continua come prima. Dal Nazareno, invece, viene spiegato che quella del segretario dem è una «proposta di metodo per un lavoro collettivo». Che parta proprio dal Parlamento: cominciando dalla conferenza dei capigruppo in Senato, dove bisognerà decidere le modalità per andare in commissione e poi in aula. Sminato il terreno dai nodi tecnici, si affronteranno quelli politici a livello ancora di capigruppo prima e di leader poi. Il tutto, ripetono i dem, per aiutare Draghi, che «non può essere sempre il pompiere di piccoli o grandi incendi». E quindi per rafforzare l’azione riformista del governo mettendola al riparo da tensioni che nulla hanno a che fare con la manovra, cruciale per la ripresa post-Covid, e molto invece con quello che è stato e – soprattutto – quello che verrà. 

LA STAMPA

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