La variante dell’ottusità occidentale nell’era della grande incertezza
In meno di due anni, la pandemia di Covid-19 ci ha esposti a una dose di precarietà e incertezza che sembra rinnovarsi ciclicamente. Ogni volta pensiamo di essere all’ultima curva, per poi scoprire che dietro ce n’è un’altra. L’ultima doccia fredda era in realtà perfettamente prevedibile, vista la decisione di prendercela comoda nella missione di “vaccinare il mondo”, anziché partire ovunque – e subito – dai più esposti e dai più fragili. Ma ciò non cancella il turbamento che proviamo nell’essere di fronte a questa nuova variante sudafricana che allarma le autorità sanitarie mondiali per il suo apparire “più capace” di eludere l’immunità di vaccinati e guariti. Saranno necessarie un paio di settimane per capire se è davvero così, il che ci chiede – ancora una volta – di convivere con l’incertezza ed esercitare la virtù della pazienza, senza cedere alla sfiducia.
I muscoli della testa e del cuore, ormai, dovremmo averli allenati abbastanza. Dalla scoperta del primo caso in Italia, con i giornali che facevano a gara a ricostruire i movimenti del paziente 1, al grande attonimento per le bare di Bergamo e il lockdown totale, fino alla seconda ondata, trascorsa nella spasmodica attesa dell’approvazione dei vaccini, già superare il primo round della pandemia rimanendo mediamente sani di mente è stata un’impresa non da poco. Poi il sollievo, subito dopo Natale, con le prime iniezioni e l’avvio di una campagna vaccinale che si stima abbia salvato, in un anno, quasi mezzo milione di vite soltanto in Europa. A rallentare la gloriosa marcia dei Paesi ricchi fuori dalla pandemia è però spuntata la variante Delta, figlia del disastro indiano a sua volta figlio del fallimento di Covax. Alla sua maggiore trasmissibilità è da imputarsi la tortuosità di un percorso vaccinale che si sperava più breve e più certo, e che invece sta richiedendo aggiustamenti progressivi. Ora, mentre l’Europa accelera con le terze dosi e le vaccinazioni ai bambini, introducendo forme potenziate di Green pass e relative polemiche, la comparsa della nuova variante suona come il gong che rischia di mettere tutti al tappeto.
Per Aldo Morrone, direttore scientifico dell’Istituto San Gallicano di Roma, è tempo di avere il coraggio di dire che la pandemia “è un problema che durerà ancora per qualche anno, non per qualche mese”. “Non bisogna spaventare nessuno, ma neanche dare l’illusione che la svolta sia dietro l’angolo, quando il vaccino non è ancora arrivato in tre quarti del mondo”, osserva il professore. “Ho la sensazione che ci lasciamo prendere da una sorta di amnesia per cui non ricordiamo più cosa è accaduto prima. Sembra che tutto vada bene e che l’unico nostro problema siano le frange no-vax che fanno rumore – e a cui diamo tanto spazio e tanta visibilità – mentre ignoriamo la realtà ben più grave di interi continenti non ancora vaccinati”.
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