Indagine sulla Juve, “Scambi sganciati dai valori degli atleti”: così funzionava il “metodo Paratici”
Giuseppe Legato
«Cessioni di giovani calciatori con corrispettivi rilevanti fuori range utilizzati come strumento salva bilanci e connotate da valori fraudolentemente maggiorati così da generare un ricavo fittizio». E poi c’è il caso Ronaldo: «una scrittura privata sul rapporto contrattuale e le retribuzioni arretrate del calciatore» che gli investigatori sentono definire al telefono «quella carta famosa che non deve esistere teoricamente».
Così il bilancio della Juventus («basato su un atto di fede» si legge gli atti) chiuso al 30 giugno 2019 ha registrato una perdita di esercizio di quasi 40 milioni «anziché di 171 milioni» diventata – nel 2020 – 89 milioni «anziché 209 milioni e nel 2021 di 209 milioni anziché 239 milioni». Una grande operazione di rientro?
Secondo la procura un reato, anzi due: falso in bilancio e false fatturazioni desumibili da «manifesti profili di anomalia di diverse operazioni». Quasi tutte sono state concepite «a specchio» e cioè «uno scambio contestuale di calciatori dove, a fronte di più cessioni, sono state disposte una o più acquisizioni ottenendo cosi operazioni a somma zero tra le parti e con un duplice effetto positivo sui bilanci della cedente e della cessionaria».
Scrivono i pm nel decreto di perquisizione notificato ai sei indagati (i vertici societari ndr) che «attraverso questo sistema si è determinato un miglioramento fraudolento degli indici di bilancio».
Sotto la lente dei magistrati sono finite – tra le tante, 42 in totale – le operazioni di acquisto di Nicolò Rovella dal Genoa per 18 milioni compensato, pari e patta dalla cessione ai grifoni dei giovani Elia Petrelli (8 milioni) e Manolo Portanova (10 milioni). Ma la Juve ha anche acquistato dal Barcellona Marques Mendes Alejandro Josè per 8,2 milioni cedendo in cambio (quasi) alla pari Pereira Da Silva Matheus (8 milioni). Accertamenti sono condotti infine sullo scambio con l’Atalanta tra i giocatori Demiral e Romero. Chiosano gli inquirenti: «Sono emersi indizi precisi e concordanti per ritenere che i valori sottesi a questi trasferimenti siano state operazioni preordinate e sganciati dai valori reali degli atleti».
Lo chiamano, nelle carte, «il metodo Paratici», soggetto «posto al vertice dell’area sportiva (della Juve) fino al giugno 2021». E la bollano come «gestione malsana delle plusvalenze, utilizzata in modo distorto quale correttivo dei rischi assunti in tema di investimenti e di costi connessi ad acquisti e a stipendi scriteriati». Tutto ciò, nelle intercettazioni, avrebbe portato gli stessi indagati a definire la Juventus «una macchina ingolfata». Tutta colpa degli investimenti oltre le previsioni di budget e di quello che nelle cuffie della finanza diventano – per voce dei protagonisti della vicenda – «gli ammortamenti e tutta la merda che sta sotto che non si può dire». Questi – sostiene la procura – hanno causato «uno squilibrio» finito anche sotto la lente della Consob che proprio a luglio ha iniziato un’ispezione sui conti della società.
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