Variante Omicron, i sintomi sono più gravi? Quanto sono protetti i vaccinati? Domande e risposte

È possibile, in linea teorica, che Omicron causi sintomi più gravi?
Sì, anche se i primi dati provenienti dal Sudafrica indicherebbero che, almeno nei vaccinati, si verifica una malattia lieve. Bisogna però considerare che la popolazione del Paese è giovane, con un’aspettativa media di vita di soli 58 anni. Nei prossimi giorni vedremo cosa accade quando Omicron si diffonde in zone dove sono presenti molti anziani e persone fragili. «Le domande a cui dovremo rispondere sono tre — dice Sergio Abrignani —: è più diffusiva della variante dominante (Delta), come sembrerebbe dalle primissime informazioni? Induce una malattia più severa? I vaccinati dal ceppo Wuhan sono comunque protetti — almeno in parte — da malattia severa, sintomi lievi-moderati e infezione?». Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, ha affermato ospite a Mezz’ora in più che «non ci sono ragioni scientifiche per un allarme. Abbiamo il sospetto che Omicron sia molto contagiosa — ha aggiunto —, ma un virus con tutte queste mutazioni potrebbe anche rivelarsi meno virulento».

Rischiamo nuovi lockdown?
L’arma che abbiamo in questo momento è il vaccino, è importante che tutti proseguano, completino o, eventualmente, inizino il ciclo vaccinale di tre dosi (due per i guariti). Un primo effetto di Omicron c’è stato, complice anche l’introduzione del super green pass: rispetto alla scorsa settimana sono aumentate del 40% le somministrazioni delle prime dosi.

È possibile che la variante Omicron si sia sviluppata, come ipotizzato dal genetista François Balloux dell’University College di Londra, in un soggetto immunocompromesso, forse perché affetto da Hiv/Aids non trattato?
È probabile, visto che in Sudafrica la diffusione di Hiv/Aids è molto elevata. «Non stupisce che una nuova variante possa essere comparsa la prima volta nell’organismo di un individuo con poche difese immunitarie, dato che in quella situazione Sars-CoV-2 può replicarsi per diversi mesi (avendo quindi molte occasioni di accumulare mutazioni) prima di essere eliminato — puntualizza Abrignani —. Al contrario, i vaccini in genere non favoriscono mutazioni, come si è sentito dire erroneamente negli ultimi mesi. La presenza della forte risposta immunitaria vaccinale risolve l’infezione in poche settimane, riducendo il numero di replicazioni del virus».

CORRIERE.IT

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