Ipotesi Draghi al Colle, Quirinale e Montecitorio studiano come evitare il cortocircuito tra poteri dello Stato

Ilario Lombardo

ROMA. Da Palazzo Chigi al Quirinale sono una decina di minuti a piedi se il passo è svelto. Una passeggiata breve ma che avrebbe l’effetto di uno stravolgimento istituzionale. Il trasloco di Mario Draghi, se avvenisse, sarebbe un inedito assoluto, che proprio per questo sta interrogando costituzionalisti e funzionari ai più alti livelli. Mai nella storia repubblicana il presidente del Consiglio in carica è stato eletto presidente della Repubblica.

Che l’ipotesi non sia un puro esercizio teorico ma anzi un’eventualità con cui a brevissimo dover fare i conti, lo dimostra lo scambio informale avvenuto già da settimane tra il Colle e la Camera e di cui sarebbe a conoscenza anche Palazzo Chigi. Si tratta di un confronto tecnico intercorso tra uffici ma che inevitabilmente chiama in causa il destino di Draghi e le ricadute politiche che una notizia del genere è in grado di generare. Tanto più dopo che il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha smentito per l’ennesima volta, ma con molta più irritazione, la possibilità di un bis.

Si parte da un interrogativo, che è il nodo cui si intrecciano le incertezze costituzionali e le paure parlamentari: chi farà le consultazioni? Chi tra Draghi e Mattarella, nel passaggio di testimone tra i due, avrà il compito di convocare partiti per formare il nuovo governo? Il premier uscente o il Capo dello Stato agli sgoccioli del suo mandato? È un rebus che va sciolto per gestire ogni conseguenza. Bisogna trovarsi pronti ed evitare il cortocircuito tra le istituzioni, ma vanno anche rassicurati i peones terrorizzati dall’idea che il passaggio di Draghi al Colle voglia automaticamente dire elezioni anticipate. La questione è complessa ma si può sintetizzare in due scenari. Stando alle fonti contattate, il primo più probabile del secondo. Con una premessa che può valere per entrambi: a monte ci deve essere un accordo politico blindato ed esteso a tutti o quasi i partiti sul prosieguo della legislatura. Senza questo accordo, il nome di Draghi rischierebbe di essere affossato dai parlamentari.

Primo scenario. Draghi viene eletto presidente della Repubblica e si dimette da premier: sarà lui a gestire le consultazioni. Il suo posto lo prenderebbe pro-tempore Renato Brunetta, in qualità di ministro più anziano. È un caso in cui va tenuta in considerazione la variabile del giorno che decreterà l’elezione e un’altra indiscrezione, confermata da fonti istituzionali a Montecitorio. Il mandato di Mattarella scade il 3 febbraio. La presidenza della Camera sarebbe orientata a organizzare il calendario delle votazioni in seduta congiunta a partire dal 20-25 gennaio.

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