Gelmini: “Adesso tutte le donne sanno che lo Stato è pronto a difenderle”

Flavia Amabile

ROMA. Sa bene che per contrastare la violenza sulle donne la battaglia è innanzitutto culturale e che i tempi di approvazione del ddl licenziato ieri dal consiglio dei ministri non saranno brevi ,ma la ministra per gli Affari Regionali Mariastella Gelmini spiega che il primo obiettivo è creare le condizioni perché le donne denuncino le violenze.

Ministra Gelmini, da anni assistiamo all’introduzione di misure che dovrebbero contrastare la violenza sulle donne ma la realtà è nelle cifre. Le violenze continuano a aumentare. In che cosa questo ddl può essere diverso dai provvedimenti che l’hanno preceduto?
«Parto da un dato: solo il 15% delle donne che subiscono violenza trova le condizioni adeguate per denunciare. Con questo provvedimento noi diciamo alle vittime che non devono più avere paura e che lo Stato è pronto a difenderle in modo concreto. Sappiamo bene che questa è una battaglia culturale, che non si vince solo con interventi di natura penale. Ma se intanto riuscissimo a tutelare le donne in pericolo, avremmo fatto un passo in avanti molto significativo che può contribuire a far emergere la violenza sommersa, prima che sia troppo tardi».

Si ricorrerà di più al braccialetto elettronico che finora, però, ha dato scarsi risultati.
«Finora c’è stata un’applicazione marginale su questo tipo di problematiche. Quella del braccialetto è una lunga storia, ma adesso sia dal punto di vista della dotazione che del funzionamento, non dovrebbero essere problemi. E questa misura dove è stata applicata si è rivelata efficace. La novità è che abbiamo introdotto una serie di norme di accompagnamento che sono in grado di rappresentare un forte elemento dissuasivo».

Lei avrebbe preferito assegnare anche una scorta alle donne vittime di violenza ma la sua idea non è passata. Pensa che la proposta possa rientrare in Parlamento?
«Abbiamo introdotto una nuova forma di tutela, la vigilanza dinamica: significa che su indicazione dell’autorità competente, e dopo una valutazione da parte del Prefetto, nei casi più gravi e senza stravolgere la vita delle donne, il domicilio come il luogo di lavoro della vittima sono sottoposti a sorveglianza delle forze dell’ordine. Vogliamo mettere in sicurezza le donne ed evitare vittime. E poi ci sono altre misure: dalla possibilità del fermo anche non in flagranza, all’estensione dell’applicabilità delle misure di prevenzione personali previste ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati di violenza domestica. Sono assolutamente soddisfatta».

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