Metamorfosi Atreju: Da simbolo dell’identità di destra a centro della politica
Francesco Olivo
ROMA. La festa dell’identità di destra si ritrova in un villaggio di Babbo Natale, tra una pista di pattinaggio, il vin brulé e una sfilata di politici. Oggi parte Atreju e a casa di Giorgia Meloni si presenteranno tutti, segno di una nuova centralità, figlia dei tempi e non solo dei sondaggi. La rassegna corsara dei giovani di Colle Oppio è cresciuta, ha cambiato stagione, da settembre a dicembre, e si è presa il lusso di un format molto più strutturato lungo una settimana, che cerca un difficile equilibrio tra una destra istituzionale, che ambisce seriamente al governo e quella movimentista che non può essere messa in soffitta. Il titolo dell’edizione, «Natale dei Conservatori», già di per sé rifiuta le etichette che i Fratelli d’Italia soffrono, «un modo per spiegare, se ce ne fosse bisogno, che siamo una destra normale e rispettata», dice Giovanni Donzelli, deputato e responsabile dell’organizzazione del partito.
Atreju torna dopo due anni di stop, causato dal Covid e dalla campagna elettorale, e stavolta si mischia dentro un villaggio natalizio, in piazza Risorgimento, subito fuori dalle mura vaticane. «Saremo il centro della politica, l’ultimo appuntamento pubblico prima della grande partita del Quirinale», spiega Donzelli.
Per la festa più identitaria della destra italiana, arrivata alla 23esima edizione, Meloni ha invitato tutti, oggi si comincia con Luigi Di Maio e Giancarlo Giorgetti. Domani Silvio Berlusconi si collegherà via telefono. E per una settimana si andrà avanti con tutti i protagonisti, ministri e leader: Marta Cartabia, Roberto Cingolani, Giuseppe Conte, Enrico Letta, Matteo Salvini e Matteo Renzi. Meloni, che concluderà la manifestazione domenica con un comizio, ci scherza, «sembra Porta a Porta».
Per Meloni, però, questa Atreju più strutturata non vuol dire affatto perdere l’identità, al contrario, «è un’altra nascita, una rete alternativa al pensiero unico dominante», un’occasione per chiedersi «Cosa c’è da conservare?». Risposta: «Le identità, messe in pericolo dai progressisti». Altro elemento su cui punta Meloni è la dimensione internazionale: stavolta non ci sarà Viktor Orban (ospite nel 2019), ma è in arrivo Rudolph Giuliani, oltre a esponenti del Likud e dei tories britannici.
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