Cacciari: “La scomparsa del ragionevole dubbio nella grande nebbia sollevata dal Covid”
Sono processi e intrecci che nessuno decide a tavolino, che nessun Soggetto stabilisce, pre-ordina o pre-vede. C’è però dato esserne coscienti e comprendere che questa crisi già presenta tutti i tratti di un autentico mutamento culturale. Pensarla come una parentesi, chiusa la quale si tornerà a vivere più o meno come prima, è musica da organetto.
La crisi costituisce una formidabile accelerazione di una grande trasformazione in atto da decenni, per il cui compimento, senza di essa, ci sarebbe voluto chissà quanto e chissà a che prezzo. La società contactless è oggi non solo ammessa, ma anche desiderata. La formidabile riorganizzazione del lavoro sociale cui allude timidamente lo smart working si può generalizzare senza soverchi contrasti.
Il social distancing non è un lapsus, è un simbolo – e l’uomo è un animale simbolico. Sono tutti termini che esprimono una visione del mondo, che è quella dei grandi sistemi dell’informazione, della comunicazione, della logistica, che è quella dei vari Bill Gates che hanno parlato durante la pandemia come fossero a capo di un governo mondiale. E a pieno diritto, poiché le loro imprese, come le grandi multinazionali del Big Pharma, hanno accumulato in questi ultimi anni profitti così immani, da renderli protagonisti a tutti gli effetti dei futuri equilibri geopolitici.
Noi tutti siamo “operai” all’interno di questo sistema – ma nient’affatto “classe operaia”. Siamo individui desiderosi di “immunità” e non di “comunità”, la “fabbrica” dove operiamo è disseminata per le nostre case, sempre più efficacemente connesse, consumatori e fornitori di essenziali documenti per chi deve produrre il nostro stesso consumo. Rifornimento gratuito e che nessuno ci pagherà mai, poiché appunto, in quanto individui, assolutamente privi di sindacato o di ogni altra forma di rappresentanza. La neutralizzazione del conflitto è fattore essenziale di questa visione. Il conflitto, infatti, cessa di avere qualsiasi ragione d’essere quando la decisione è in mano alla competenza tecnica, al detentore della Verità – e, d’altra parte, come può nascere un conflitto se le possibilità materiali di una organizzazione vengono meno? La critica solitaria non è conflitto, bensì mera testimonianza. Le politiche di biosecurity svolgono una funzione imprescindibile nell’addomesticamento dei comportamenti sociali.
Questo scenario, assai più che probabile, è vissuto dalle élite politiche del Vecchio Continente con sovrana incoscienza (a differenza dei capi e degli strateghi delle grandi potenze economico-finanziarie), con poche eccezioni, Macron forse, la Merkel.
La grande nebbia Covid, in cui navigano Scientia duce, permette loro di coprire di tutto e di più – dall’infinito rimando dell’agenda sull’unità politica europea, alle questioni di un nuovo Welfare sociale, a quelle drammatiche dell’occupazione giovanile, della scuola, della formazione. La biosecurity è diventata la cosa prima e ultima, anche per chi in gioventù aveva letto Benjamin e Adorno e ora sembra non avere altra cura che di aggiungere qualche anno alla propria vita.
LA STAMPA
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