Recovery Plan, missione compiuta. Per ora

ALESSANDRO BARBERA , FABRIZIO GORIA

Nonostante le tensioni, un’italianissima struttura burocratica, nonostante la corsa contro il tempo per raggiungere l’obiettivo, il governo di Mario Draghi riuscirà a centrare gli impegni fissati con l’Europa nel 2021 per il piano nazionale di riforme. O meglio, il 22 dicembre, nella conferenza stampa (anticipata) di fine anno, rivendicherà di averli raggiunti. Lo farà con l’approvazione di una relazione, che verrà subito dopo votata dal Parlamento e trasmessa agli uffici competenti della Commissione europea. Se non ci saranno obiezioni, verrà riconosciuta la seconda tranche degli aiuti previsti dall’accordo firmato lo scorso luglio: sono circa ventuno miliardi di euro fra contributi a fondo perduto e prestiti. È solo il primo traguardo di una maratona che finirà nel 2026. La parte più difficile della corsa sarà l’anno prossimo, in particolare fra aprile e giugno. Il piano sottoscritto con l’Unione prevede l’approvazione di tutta la riforma della concorrenza, dell’amministrazione fiscale, nuove assunzioni nei tribunali civili, penali e amministrativi, una vera infrastruttura statale per l’archivio e la protezione dei dati digitali, nuove norme per rendere più efficiente la macchina degli appalti pubblici. La somma di tutti questi impegni nel 2022 vale quaranta miliardi di euro, da suddividere più o meno equamente in due rate, una per semestre. Se il voto sul Quirinale dovesse produrre una crisi di governo e il voto anticipato, sarà improbabile sperare di raggiungere gli obiettivi. Per chi l’avesse dimenticato, di qui al 2026 il piano vale per l’Italia più di 190 miliardi di euro. Detta diversamente, la Banca d’Italia stima una crescita aggiuntiva del cinque per cento sul Pil di qui al 2024. È per questo che qui mercati e in molte cancellerie europee c’è allarme sull’ipotesi Draghi al Quirinale: se si andasse al voto, addio crescita aggiuntiva e addio alla tenuta del debito italiano nel lungo periodo, quando verranno meno gli acquisti straordinari di titoli pubblici della Banca centrale europea.

La scorsa settimana, in lunghe e faticose sedute notturne, la Commissione Bilancio della Camera ha approvato decine di emendamenti per centrare intanto gli obiettivi del 2021. Molte norme sono state approvate, su altre la struttura tecnica di Palazzo Chigi e Tesoro troverà soluzioni creative, soprattutto in materia di appalti. Il calendario è deciso: una cabina di regia, quasi certamente domani, approverà la relazione, in tempo per essere esposta in conferenza stampa. Il voto del Parlamento, già oberato dalle scadenze della Finanziaria (in gravissimo ritardo) dovrebbe avvenire entro il 27. Nel frattempo, sempre domani, l’aula della Camera voterà la fiducia sul decreto 152 di attuazione del Recovery Plan. Al Senato ci sarà giusto il tempo per il voto, senza nessuna discussione. Entrare nel dettaglio di quanto fatto è a dir poco complicato. Per capire quanto il processo è faticoso e certosino, basterà qui elencare alcune delle norme approvate: sulla gestione delle risorse idriche, il turismo, la transizione digitale, la distribuzione delle risorse ai Comuni del Sud per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio.

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