Recovery Plan, missione compiuta. Per ora

Durante l’iter c’è stato anche uno scontro fra governo e Parlamento. È accaduto quando, fra le pieghe del decreto, il governo aveva introdotto poteri speciali di attuazione per il ministero del Tesoro. Si trattava dello stesso tentativo fatto dal secondo governo Conte due quando ministro era Roberto Gualtieri, e allora finito sulle prime pagine di tutti i giornali. I poteri erano previsti dai commi sei e dodici dell’articolo nove del decreto. Quando la Commissione Affari costituzionali e il comitato per la legislazione della Camera hanno notato il dettaglio, è stato chiesto al governo di cambiare la norma. Tutti i decreti di attuazione del Tesoro, prima di essere emanati, ora devono passare dal parere del Parlamento.

La scorsa settimana, durante le comunicazioni prima del Consiglio europeo, Draghi ha dato per scontato che il traguardo del 2021 è tagliato: «I cinquantuno obiettivi del piano sono in larga parte già acquisiti e siamo certi di raggiungerli nei tempi previsti». Un’autorevole fonte della struttura di Palazzo Chigi, sotto stretto anonimato, conferma le parole del premier: «A questo stato dell’arte, e vista l’autorevolezza di Draghi in Europa, escludo ci saranno problemi». Per averne conferma basterà attendere un mese o poco più. La Spagna, primo ed unico Paese ad aver già rispettato tutte le scadenze, ha avuto il via libera in due settimane. Per l’Italia, primo beneficiario dei fondi del Recovery, sarà necessario qualche giorno in più.

Per Draghi il lavoro sul Recovery è stato il più faticoso e meno raccontato. Ha avuto difficoltà prima a mettere in piedi la macchina, poi ad ottenere risultati dalle strutture tecniche dei ministri. Nel corso dell’estate, quando ha avuto la percezione dei ritardi, se ne è lamentato con molti: ha messo pressione soprattutto al sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli, al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, al responsabile delle Infrastrutture Enrico Giovannini. Talvolta è stato complicato anche capire quali fossero gli impegni che la Commissione chiedeva di rispettare. È accaduto ad esempio ad ottobre, quando gli uffici si sono imbattuti nella «milestone P4/2021». Il governo si era impegnato ad approvare norme per migliorare le condizioni dei disabili in Italia. A Palazzo Chigi avevano inteso fosse sufficiente far approvare una legge delega da parte del Consiglio dei ministri, e invece nei contatti con Bruxelles si è scoperto che la condizione era l’approvazione della delega da parte del Parlamento. L’anno prossimo la delega dovrà trasformarsi in norme.

Non c’è palazzo ministeriale che non sia stato coinvolto nello sforzo. Oltre a Garofoli, sono state aperte unità di missione in ciascun ministero. Per far funzionare la macchina Palazzo Chigi ha dovuto allargare gli uffici a Palazzo Wedekind. Lì ci sono gli uffici della struttura tecnica del piano, affidati ad un funzionario del Senato, Chiara Goretti. Nello stesso palazzo c’è l’unità per la semplificazione, affidata al costituzionalista Nicola Lupo, una sorta di Mister Wolf al quale è affidato il compito di risolvere i dubbi interpretativi e risolvere le grane giuridiche. All’ex ministro del Lavoro Tiziano Treu è affidato il «tavolo per il partenariato economico, sociale e territoriale». È lì che Comuni, Regioni e sindacati tentano di dire la loro nell’attuazione del piano.

LA STAMPA

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