Varricchio: “Piano Roma-Berlino, un motore a tre tempi per la crescita dell’Ue”
Francesca Sforza
«Con la Germania stiamo lavorando a un piano di azione bilaterale finalizzato a rafforzare il rapporto a tre, con scadenze, processi, azioni concrete per sistematizzare una serie di canali di collaborazione». Il terzo attore è la Francia, e la cornice è quella europea. A dirlo è Armando Varricchio, ambasciatore italiano a Berlino, con una carriera che vede ogni passaggio corrispondere a un pezzo di storia: prima le elezioni americane di Donald Trump, poi il passaggio a Joe Biden, oggi, al di qua dell’Oceano, in Germania, dove ha vissuto gli ultimi mesi dell’era Merkel e adesso di affaccia sulla nuova stagione di Olaf Scholz. Non è un mistero che la Germania abbia oggi grande considerazione per l’Italia di Mario Draghi – lo testimonia la visita del cancelliere a Roma, subito dopo Parigi e Varsavia – e lo consideri un punto di riferimento per la stabilità europea. La congiuntura è ideale e la tempistica anche: «Una partita in tre tempi, quella che si sta giocando in Europa».
Ambasciatore, in che senso tre tempi?
«Il primo tempo è stato quello delle elezioni tedesche, e la Germania ha offerto un risultato che dal punto di vista politico ha creato un movimento destinato a influenzare tutta l’Europa. Il secondo si giocherà in Italia con le elezioni del presidente della Repubblica».
I tedeschi sono interessati?
«C’è grande curiosità, tutti mi chiedono. Nessuno ovviamente ha espresso auspici o pareri, non appartiene alla loro cultura politica».
Il terzo tempo sarà francese?
«Sì, con le elezioni presidenziali, seguitissime in Germania anche perché la presidenza europea francese ne sarà condizionata, dal momento che un mese prima del voto non possono avviare attività che possano essere interpretate come mosse di campagna elettorale».
E’ vero che i tedeschi sono rimasti sorpresi dalla firma del Trattato del Quirinale?
«C’è stata grande attenzione e curiosità, soprattutto perché ha rafforzato l’idea di un triangolo europeo, non rigido, non esclusivo ma in grado di stabilizzare l’Europa. Ci sono già una serie di fori in cui questo si discute, a livello di associazioni industriali e bancarie; se riusciamo a rafforzare la componente istituzionale, governativa, può essere solo positivo».
Sarà l’oggetto della visita romana di Scholz?
«Sì, sarà un’occasione importante perché inquadrerà l’intesa bilaterale sull’agenda europea, anche per sostenere insieme la presidenza francese».
Crede che l’approccio di Scholz sull’economia rafforzerà il ruolo dello Stato?
«La decisione sul salario minimo è stata il segno di come questo nuovo blocco politico e sociale voglia portare avanti la politica sociale. Quindi sì, più Stato, conformemente all’accordo di maggioranza, perché per governare la globalizzazione, per riequilibrarla, ci vuole più intervento pubblico. E la cosa non potrà non avere effetti su tutta l’Europa».
Ad esempio con un allentamento dei parametri di Maastricht?
«Il Next Generation Eu è stato un Game Changer, adesso ci sono margini per lavorare».
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