Le toghe rifiutano i giudizi. “Vietato darci pagelle”
Arriva un «no» secco, firmato Anm, all’idea del Guardasigilli Marta Cartabia di introdurre le «pagelle» per i magistrati come misura per rendere più credibili le valutazioni periodiche di professionalità delle toghe. Valutazioni che al momento si traducono, di fatto, in avanzamenti di carriera automatici. Ma la possibile novità, appunto, non è stata accolta affatto con favore dal sindacato delle toghe, che nonostante gli scandali degli ultimi anni alza subito la voce di fronte all’ipotesi, e con un documento approvato ieri dal direttivo Anm sulle proposte di riforma della giustizia della Cartabia mette nero su bianco la propria «ferma contrarietà all’idea di introdurre, in sede di valutazioni periodiche di professionalità, il sistema delle cosiddette pagelle con previsione di un giudizio di graduazione nel merito (sufficiente, discreto, buono e ottimo) con riferimento alle attitudini organizzative». Un «no» non motivato dal timore dei magistrati di sottoporsi a un giudizio sul proprio operato bensì, secondo l’Anm, dal rischio di accentuare «la gerarchizzazione degli uffici giudiziari dilatando il potere dei dirigenti che verrebbe esercitato con criteri la cui discrezionalità non sarebbe agevolmente verificabile». Il problema, insomma, starebbe nella penna che quelle pagelle dovrebbe redigere. Ma il sindacato dei magistrati, nel documento di ieri, critica anche altre ipotesi di riforma, rimarcando in particolare «l’assenza di un espresso richiamo, nei propositi di riforma, della necessità di portare a compimento l’incarico direttivo e semi-direttivo nella sua interezza e fino alla scadenza del termine» e poi «l’attribuzione, ai fini del conferimento degli incarichi, di un ruolo assolutamente residuale al criterio dell’esperienza maturata nella giurisdizione». L’ultima bocciatura l’Anm la riserva al coinvolgimento nelle decisioni dei Consigli giudiziari dell’avvocatura, alla quale verrebbe riconosciuto il diritto di voto nelle delibere sulla valutazione di professionalità e in materia di conferimento degli incarichi direttivi e semi-direttivi. Una novità che, per l’Anm, potrebbe «alterare il principio di parità delle partì nel processo e incidere sulla serenità e imparzialità della giurisdizione». E siccome il momento è quello che è, e la popolarità della magistratura non è al suo massimo, ecco che l’Anm dirige le sue critiche verso le paventate riforme come se queste fossero «ispirate a criteri esclusivamente produttivistici», rischiando così di provocare «un abbassamento del livello di qualità del lavoro giudiziario, con lo svilimento e lo scadimento della funzione».
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