La battaglia sulla stretta, il Governo si divide sui tamponi
Ma salvo scenari apocalittici Draghi eviterà in tutti i modi di tirare il freno della ripresa imponendo nuove chiusure o restrizioni eccessive. Preferendo puntare forte invece sulla vaccinazione, soprattutto quella con il booster, visto che, secondo gli ultimi dati dell’Iss, dopo oltre 5 mesi dalla seconda dose la protezione crolla al 35,8%, mentre con la terza dose risale al 75,5%, che diventa un bel 93,4% rispetto alle forme gravi di malattia.
Così nel borsino delle misure anti-Omicron salgono le quotazioni della riduzione da 9 a 6 mesi della validità del Green Pass. E per non costringere gli italiani a fare le corse potrebbe a quel punto ridursi da 5 a 4 mesi anche l’intervallo minimo tra la seconda e la terza dose, in modo da lasciare due mesi di tempo a chi deve mettersi in regola. Gettonati sono anche l’obbligo vaccinale esteso al restante milione di dipendenti pubblici, dopo sanitari, personale della scuola e forze dell’ordine che senza vaccini a casa senza stipendio restano già ora. Raccoglie consenso anche l’obbligo per i lavoratori di ristoranti, bar e mense, che sono a stretto contatto con cibi e clienti.
Di obbligare al tampone anche i vaccinati per andare al cinema, al teatro e al ristorante in molti nella maggioranza non vogliono sentir parlare. Ma i test potrebbero diventare condizione indispensabile per accedere a discoteche e stadi o per partecipare ai concertoni. Sempre che alla fine non si decida di vietare in tutta Italia quelli di fine anno, come già deliberato da molti sindaci.
L’ala dura spinge anche per un mini lockdown dalla sera del 31 all’alba del primo, che alla fine potrebbe essere imposto solo ai non vaccinati. Mentre il Green Pass “rafforzato” per chi prende bus e metro è considerato indispensabile in chi vede nel trasporto pubblico locale uno tra i maggiori fattori di diffusione dei contagi. Ma è bocciato da chi considera la mossa una lesione al diritto al lavoro dei pendolari senza vaccino. —
LA STAMPA
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