Berlusconi: mi ritiro solo se c’è il premier. Amato, Casini, Moratti i nomi per un accordo

CARLO BERTINI FRANCESCO OLIVO

I piani del centrodestra per il Quirinale si mischiano con il rischio di sovrapporsi: c’è quello A, quello B e a questo punto pure quello C.

Silvio Berlusconi è in campo, ma è inevitabile che gli alleati lavorino a qualche alternativa nel caso in cui le cose dovessero prendere una piega negativa per i disegni di Arcore. «Se Mario Draghi dovesse essere della partita, Silvio si ritirerebbe», dice un fedelissimo. Una tesi che però non convince gli alleati, che temono l’ambizione sfrenata del Cavaliere.

Lo schema che ci si immagina oggi è questo: se alle prime tre votazioni non uscisse Draghi (è già difficile che si vada oltre la prima), allora entrerebbe in scena il Cavaliere. La quarta e la quinta chiama saranno fondamentali. Ma se i numeri non ci fossero, allora occorrerebbe cercare un accordo e i nomi in quel caso potrebbero essere quelli di Giuliano Amato, Pier Ferdinando Casini e di Letizia Moratti. Quest’ultima è al centro di una trama che coinvolge la sinistra.

C’è una cosa infatti che Enrico Letta teme come la peste: la salita di Berlusconi al Colle: «Se riuscisse ad avere i voti del centrodestra e quelli di Renzi, gliene servirebbero solo una ventina per farcela», ammette uno dei ministri dem. Dunque Letta, cosciente della sua debolezza («il Pd conta il 12% dei grandi elettori», ripete), punta a sminare la bomba Berlusconi disarticolando il centrodestra e la carta Moratti giocata dalla Meloni gli fa gioco: «Sarebbe una candidatura insidiosa e difficile da contrastare, un nome più potabile del Cavaliere», confessa un esponente di spicco della segreteria Pd.

Dagli scranni della Camera, i big di centrosinistra assistono infatti alla spaccatura del centrodestra intravedendo margini di manovra. Intanto, una candidatura di bandiera da opporre a Berlusconi, «potrebbe essere Anna Finocchiaro, donna delle istituzioni non invisa agli azzurri, in sintonia con la Boschi e i renziani, ma ex magistrato che può piacere ai grillini», spiegano i dem.

Letta parla ogni due per tre con Conte, ma sa che Di Maio conduce i giochi nei gruppi e quindi fa sapere di avere da anni ottimi rapporti con lui dopo una serie di viaggi all’estero. L’obiettivo sarebbe fare “massa critica” con M5s: e visto che tra i due poli ci sarebbe uno scarto di una quarantina di voti, costringere il centrodestra a un accordo. Senza disdegnare nomi alla Moratti. In ogni caso, Letta vede le urne a breve e per questo ieri ha rilanciato la bandiera della legge Zan come mossa di campagna elettorale.

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