Draghi, il Quirinale e gli alleati europei da rassicurare sulla continuità della linea politica
Ecco lo schema iniziale della gara: da una parte Berlusconi che non molla, dall’altra Draghi che non parla. Non parla in pubblico, perché in privato grand commis di lungo corso raccontano dei loro colloqui con il premier, di cui conoscono l’obiettivo e non hanno dubbi sull’esito. Quei dubbi però serpeggiano in Parlamento, ed è lì che si vota. Un ministro prova a farsi portavoce delle tensioni politiche, «dato che non basta dire votate Draghi. Quale è lo scenario che si apre? Ecco, manca uno scenario coerente su quanto accadrà dopo. Alla fine non è detto che non sia proprio Draghi a tirarlo fuori». «In fondo se andasse al Quirinale non avrebbe problemi. Di governi del presidente — gli fa eco con malizia un collega dell’esecutivo — non ce ne sono stati pochi negli ultimi anni. Quanto a precedenti avrebbe l’imbarazzo della scelta».
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