Vi lascio un paese unito. Fatene buon uso

E se è non è peregrino vedere in questo passaggio nient’affatto scontato, in una legislatura segnata, insieme, dall’asprezza del confronto e dal trasformismo, anche una orgogliosa sottolineatura della responsabilità che Mattarella si è assunto personalmente e le istituzioni nel loro complesso, il messaggio riguarda non solo cioè che è accaduto. Ma il domani, quando le forze politiche sono chiamate a gestire una ordinata successione al Colle senza mettere a rischio una ordinata ricostruzione del paese. E per il dopo-domani, quando la pandemia sarà alle spalle, la cui cifra dipenderà anche dalle scelte che si compiono oggi.

E qui c’è la seconda indicazione per “la stagione dei doveri” delle classi dirigenti, che riguarda i diritti dei più deboli. La ripresa c’è, dice Mattarella, e i “dati sono incoraggianti” ma “i segnali sono ancora fragili”. Ovvero c’è una questione sociale che il capo dello Stato squaderna, in modo piuttosto crudo, ponendo l’enfasi sullo “scandalo” delle morti sul lavoro, sulle “diseguaglianze che feriscono la nostra comunità”, sullo “sfruttamento del lavoro precario”. Anche in questo caso, parole di equilibrio, tra le fanfare del va tutto bene, e poi non colgono i conflitti, e i professionisti del va tutto male, ignari che la catastrofe non c’è stata, ma questa è una aggiunta del commentatore, non del capo dello Stato.

Insomma, il senso è: vi lascio un paese unito, che nel suo insieme, ha fatto un mezzo miracolo a non essere sprofondato ed è nelle condizioni di guardare avanti. Fatene buon uso. Vale anche per il successore. 

L’HUFFPOST

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