Draghi, il piano per andare al Colle passa dal governissimo bis. I timori che la Lega si sfili
Certo, bisogna far decantare gli umori, e far maturare i tempi. Manca un mese. E dopotutto la forza che sente di avere il premier è la mancanza, al momento, di un’alternativa. Quale altro nome è in grado di unire i partiti e di essere eletto ai primi scrutini con una maggioranza amplissima che legittimi il futuro inquilino del Colle davvero come il presidente di tutti? È una domanda che si pone sia Draghi sia chi gli è molto vicino e che in fondo il premier lascia trasparire tra le righe quando si augura un’elezione convinta, immediata e condivisa da tutto o quasi il parlamento, per evitare una crisi istituzionale dall’epilogo drammatico.
La sfida del prossimo mese, per Draghi, è questa. Il passaggio al Quirinale non è indolore perché porta con sé un’altra grande incognita: chi avrà il difficile compito di succedergli mantenendo intatta la maggioranza. In queste ore tra Palazzo Chigi e il Ministero dell’Economia si fanno ragionamenti per esclusione, gli unici possibili per evitare di accreditare che sia in corso casting sul sostituto avvallato dal premier. Si dice: Daniele Franco non si sente tagliato per Palazzo Chigi. Il ministro è stato il nome più evocato tra i partiti come garanzia di continuità del Governo e della legislatura, eppure Draghi potrebbe doverlo tenere al Tesoro come custode dei conti e del Pnrr. Si dice ancora: è improbabile che il successore sia Vittorio Colao, perché deve portare a termine il faticoso compito di digitalizzare l’Italia. Tra l’altro, il ministro dell’Innovazione, che un mese fa era stato lanciato come ipotesi da fonti molto vicine al premier, sconterebbe una non ottima sintonia con i colleghi. Il terzo nome sulla bocca di tutti è la ministra della Giustizia Marta Cartabia. Sarebbe la prima donna a Palazzo Chigi. Nel frattempo, però, anche Renato Brunetta, in qualità di ministro più anziano, coccola i suoi sogni di premier. Come confidava ancora ieri ad alcuni intimi, sarebbe una soluzione tecnica, prevista dalla Carta. Dovrebbe ricoprire quel ruolo per traghettare il governo per qualche ora o giorno, e poi chissà. Potrebbe essere a sua volta lui una garanzia, essendo di centrodestra, per tenere dentro la Lega. Oppure, senza Salvini, dare forza all’ipotesi del «governo Ursula», ispirato alla maggioranza di socialisti, popolari e grillini che elesse Von Der Leyen a capo della Commissione. Al momento sono ipotesi e sogni personali. Sempre che la diffidenza dei partiti e il conseguente caos non portino tutti ad andare a bussare alla porta di Mattarella e a mettersi in ginocchio per un bis.
LA STAMPA
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