Djokovic respinto alla frontiera australiana: il suo ricorso rinviato a lunedì, ma l’esito sembra scontato
di Gaia Piccardi
Il giudice Anthony Kelly ha fissato la nuova udienza al 10 gennaio. Ha anche avvertito gli organizzatori degli Open d’Australia che non è detto comunque che la causa finisca prima dell’inizio del torneo come loro avevano chiesto
Un anno fa se n’era andato da Melbourne da padrone, fresco del nono titolo dell’Australian Open, più di quelli di Roger Federer e Rafa Nadal messi insieme, i rivali che insegue da una vita. Quanto prima ( a meno che non gli dia ragione il giudice Anthony Kelly della corte federale a cui i suoi avvocati si sono appellati e che ha rinviato la causa a lunedì, in tal senso il magistrato ha avvisato gli organizzatori degli Open d’Australia che non è detto che il procedimento finisca prima dell’inizio del torneo) sarà costretto a lasciare l’Australia come un ladro, dopo l’interrogatorio lungo una notte della severissima dogana dell’aeroporto internazionale Tullamarine: documentazione insufficiente a provare l’esenzione dal vaccino obbligatorio per partecipare al primo torneo dello Slam, visto negato, deportazione inevitabile.
Fuoriclasse del tennis con la straordinaria capacità di mettersi nei guai, Novak Djokovic è rimasto prigioniero di un conflitto di competenza tra governo federale dello Stato di Victoria, la cui capitale è Melbourne, e governo australiano centrale, nessuno dei quali voleva prendersi la responsabilità di ammettere un cittadino serbo di 34 anni con 20 Slam a carico, abbottonatissimo sul suo status vaccinale, nel Paese reduce da 262 giorni consecutivi di lockdown. Prima di scoprire che lo staff del re del tennis aveva chiesto un visto d’entrata sbagliato e che l’esenzione medica ottenuta da Tennis Australia non aveva gambe su cui reggersi. Una figura barbina interplanetaria, un danno d’immagine incalcolabile, una leggerezza inaudita da parte di un super professionista dello sport. Pensava che la parte difficile del viaggio down under, dove il 17 gennaio scatta l’Australian Open, fosse stata procurarsi il via libera dall’obbligo del vaccino, il Djoker, la legge è uguale per tutti ma ha maglie larghe per pochi: delle 26 richieste di «medical exemption» ricevute da Tennis Australia e affidate alla valutazione di una doppia commissione medica, solo una manciata erano state accettate, inclusa quella di Djokovic, motivata — è una supposizione, in assenza di patologie in corso, condizioni mediche acute e reazioni allergiche alla prima dose (il campione serbo si è sempre dichiarato no vax) — dall’aver avuto il Covid negli ultimi sei mesi, dopo essere rimasto contagiato già nel giugno 2020, quando aveva organizzato uno scellerato torneo itinerante che aveva acceso un focolaio nei Balcani.
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