Covid: nell’epoca del rischio

di   Dario Di Vico

La variante Omicron sta mettendo alla frusta non solo i sistemi sanitari ma l’intera capacità di risposta che le autorità avevano dato alle precedenti fasi di avanzata del Coronavirus. Veniamo da semestri tremendi nei quali non avevamo né le mascherine né i vaccini e quindi dovremmo essere testati nella capacità di affrontare l’espansione del contagio, eppure oggi si ha come la sensazione di un affaticamento generale, di un rallentamento di quella spinta propulsiva che ha portato a vaccinarsi circa il 90% degli italiani. Un traguardo sul quale nessuno avrebbe scommesso un centesimo conoscendo la tradizionale cultura individualista dei nostri concittadini e una certa refrattarietà ad assecondare le risposte di sistema.

La novità introdotta da Omicron sta nell’allargamento del ventaglio della richiesta di sicurezza e nella sua frammentazione. In fondo quando si usa l’espressione «convivere con il virus» si dice proprio questo, che dovremmo imparare a far funzionare la nostra macchina, fatta nella buona sostanza di Pil e consumi, in un contesto in cui l’epidemia non è debellata e conserva ancora una capacità di danno. Ma evidentemente ancora una volta tra il dire e il fare c’è di mezzo il famoso mare.

E di fronte a quel tratto identitario di Omicron, che a un profano può sembrare addirittura una contraddizione (più contagiosità e minore pericolosità), i sistemi di risposta rischiano di andare in fuori gioco. Non avevamo capito del tutto che «convivere con il virus» in concreto vuol dire governare una richiesta di sicurezza asimmetrica tra cittadino e cittadino e quindi fare i conti con una differenziazione tra categorie e tra persone per certi versi inedita. Il vaccinato con tre dosi colpito da Omicron, quello con due, il no vax pentito, i minori sotto i 12 anni vaccinati con una dose, i debolmente positivi, i minori non vaccinati, il positivo al tampone della farmacia, il negativizzato che non riesce a fare il controllo e via di questo passo. Il catalogo delle varianti sociali di Omicron è lungo e basta un giro di telefonate con amici e parenti per estenderlo ancora.

Come si fa dunque a dare una risposta omogenea a uno sventagliamento delle esigenze di protezione sanitaria così ampio? Come si riesce negli input amministrativi a compattare il corpo sociale e non a dividerlo? Fino a ieri ci sembrava che l’unica divaricazione fosse quella, per altro abissale, tra no vax e sì vax, oggi vediamo maturare in virtù delle caratteristiche di Omicron molte nuove piccole divergenze. Da qui l’evidente difficoltà del governo nel predisporre una ricetta unica, un provvedimento passepartout che risponda ai bisogni di quell’ampio catalogo di cui sopra. Infatti già nei giorni scorsi le norme emanate in materia di articolazione delle quarantene non solo sono parse burocratiche ma addirittura difficili da memorizzare. Se poi aggiungiamo che non è stata debellata la tendenza delle forze politiche o di singoli ministri a concepire le misure anti-virus come tanti messaggi in bottiglia mandati alle loro constituency elettorali il quadro di una piccola Babele è completo. E rischia di produrre confusione e deludere quel popolo dei sì vax che ha rappresentato il «grande pavimento» del Paese.

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