Ultima lezione del Presidente “necessario”
Dobbiamo ringraziare Sergio Mattarella. Il “Presidente necessario” di una Repubblica parlamentare, ma perennemente emergenziale. Afflitta da un “virus” che viene prima e durerà anche dopo il Covid. In un settennato tra i più difficili della nostra Storia, il Capo dello Stato che si è congedato dagli italiani ha ricucito la tela strappata delle istituzioni. Ha supplito alle carenze di un sistema inadatto a risolvere le crisi. Ha preservato la Costituzione, facendone vivere ogni giorno i valori fondativi: l’uguaglianza, la solidarietà, la coesione. Ha dato voce all’Italia migliore: quella che resiste, lotta, aiuta. Il suo messaggio di fine d’anno è un riassunto perfetto di questa pedagogia repubblicana. Un testamento morale e civile per il tempo che viviamo e per quello che verrà. Il dolore della pandemia e la speranza dei vaccini. La difesa dei diritti e la stagione dei doveri. La precarietà diffusa e il futuro dei giovani. Il bisogno di spogliarsi dalle appartenenze e di farsi carico del bene collettivo.
È comprensibile che a un Presidente così molti chiedano un bis, non solo nei foyer della Scala ma anche nei corridoi del Palazzo. Dovrebbero essere i leader della maggioranza a pregarlo in ginocchio di restare, come accadde già a Napolitano. Questa ipotesi avrebbe non piccoli pregi: assicurerebbe la tenuta del quadro esistente, Mattarella al Colle e Draghi al governo, e consoliderebbe l’immagine del Paese grazie alla statura etica e alla caratura politica del suo primo cittadino.
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