Il Covid dei piccoli, la trincea dei bambini
Vaccinazioni per i bambini all’ospedale Mauriziano di Torino
Oggi la dottoressa Grandin compie 44 anni, ma vista l’emergenza festeggerà il compleanno in corsia. «In questi giorni abbiamo raggiunto un record di ricoveri – precisa -, ma del resto era prevedibile perché l’anno scorso o due anni fa c’era il lockdown, i piccini non andavano al nido, le scuole erano chiuse, molti genitori lavorano in smart working. Insomma c’erano tutte le condizioni per arginare la diffusione del contagio. Oggi invece grazie al vaccino abbiamo ripreso a vivere le nostre vite in modo più pieno, ma purtroppo c’è ancora tanta gente che non è vaccinata. Oppure che non vuole vaccinare i propri figli. Noi non smetteremo mai di insistere sull’opportunità del vaccino. Anche per i più piccoli».
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Negli Stati Uniti ben 6 milioni di bambini di età fra i 5 e gli 11 anni sono stati vaccinati e gli effetti collaterali «si contano sulle dita di una mano. Mentre le conseguenze del virus nei bambini si fanno sentire per molti, moltissimi mesi: i danni del long Covid vanno dall’astenia prolungata alla scarsa capacità di concentrazioni e riguardano il 7% dei pazienti. I bambini, quindi, vanno assolutamente vaccinati».
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Tra i bambini in età da vaccino e gli adolescenti ricoverati al Bambino Gesù quasi tutti non lo avevano fatto, mentre due avevano ricevuto l’inoculazione troppo di recente quindi non si erano ancora immunizzati. «Per non parlare dei neonati che contraggono il Covid dalla mamma non vaccinata. Il piccino di 13 giorni lo abbiamo dovuto trasferire addirittura in terapia intensiva. Suo padre via Skype piangeva disperato perché lo voleva vedere, ma in quel reparto è impossibile, i bambini stanno in isolamento totale».
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In camera, invece, hanno sempre, quando è possibile, un genitore spesso anch’egli positivo. «Ma abbiamo anche piccoli pazienti senza genitori, che ci arrivano dalle case famiglia e quindi ci organizziamo con il personale infermieristico». La sera di Natale un medico si è travestito da Santa Claus e ha distribuito nelle varie stanze i doni offerti dalle forze dell’ordine e dalle istituzioni. I contatti vengono però ridotti al minimo, per questo non si bisserà per la Befana. Ogni camera è dotata di un cellulare e di un tablet per videochiamate con l’esterno. «Molti potranno così ricevere gli auguri per la festa, anche se il regalo più bello per tutti i bambini quest’anno è il vaccino. Nel Lazio la media si attesta intorno al 12% di vaccinati. Troppo poco. Proteggersi con il vaccino fa bene a se stessi ma anche agli altri bambini con patologie diverse perché l’ospedale deve potersi occupare anche di loro».
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Se si continuano a scrivere castronerie sui vaccini, sono certo che sarà difficile convincere gli scettici: quali madri non si vaccinavano per paura durante la gravidanza? Ho una giovane congiunta, ora madre di due gemelli, la quale pur insistendo con il medico di base ed il personale ospedaliero del più importante centro specializzato torinese, o forse nazionale, di ginecologia ed ostetricia, ha sempre avuto risposte negative sull’opportunità di vaccinarsi, cosa che ha fatto immediatamente dopo il parto. I bambini fino a ieri era meglio non vaccinarli e poi da quale periodo di vita secondo chi scrive l’articolo andrebbero vaccinati? Infine senza tanti segreti, ma basta aver qualche conoscenza di chi lavora in strutture specialistiche, era da inizio pandemia che i neonati erano riscontrati affetti da COVID ma nessuno ne voleva parlare. Smettiamola di essere tragici di fronte ad una sola evidenza che è quella del fatto che ad oggi poco abbiamo capito sulla diffusione di questo virus e al contrario di quanto si propina, ciò preoccupa pi il sistema che l’uomo della strada, quest’ultimo, virus o meno, ad oggi l’unico che rimboccandosi le maniche con milioni di difficoltà tenta di sopravvivere. Forse cominciando a guardare in faccia la realtà prima che questa prenda inevitabilmente e irrimediabilmente il sopravvento, è l’unica forma per uscirne vivi.
LA STAMPA
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