Quirinale, Di Maio, Franceschini o Giorgetti: tre nomi per Palazzo Chigi con Draghi capo dello Stato
di Roberto Gressi
L’unica cosa chiara, a poco più di due settimane dall’inizio della partita per il Quirinale, è che l’ipotesi Mario Draghi è solidamente in campo. L’ultimo Consiglio dei ministri, con livelli di scontro inediti nel governo di unità nazionale, secondo il Pd sgombera il campo dalla litania strumentale sull’ineluttabilità che il premier resti lì, a Palazzo Chigi. Italia viva obietta che, se ci sono contrasti con Draghi al timone, figuriamoci che cosa accadrebbe con un altro al suo posto, di caratura inferiore. Ma anche sulla tolda della nave pirata di Renzi si comincia a ragionare su come e a quali condizioni far nascere un nuovo governo, e con quale presente del Consiglio.
Di qui in poi le letture divergono, le schermaglie continuano, i contatti si infittiscono, con l’avvertenza che l’intesa finale, se accordo ci sarà, non può che arrivare in zona Cesarini, a ridosso della prima chiama. Il centrodestra corre con l’handicap, costretto com’è al momento a puntare su un unico cavallo, per quanto di razza: Silvio Berlusconi. Segnali neanche tanto velati per uscire dalla strategia dell’imbuto, che si stringe fino a condurre all’irrilevanza, arrivano sia da Matteo Salvini che da Giorgia Meloni. Ma il Cavaliere resta irremovibile, vuoi perché convinto di poterla spuntare a partire dalla quarta votazione, quando basteranno 505 grandi elettori (tantissimi), vuoi perché si riserva di essere lui il king maker, girando i suoi consensi su Mario Draghi, o su Giuliano Amato, o su Pier Ferdinando Casini. Anche perché la spallata, con Berlusconi capo dello Stato, porterebbe probabilmente alle elezioni anticipate.
L’intervista di Matteo Renzi al Corriere apre comunque le porte alla nascita di un nuovo governo, con il segno della politica, qualora il premier traslocasse al Quirinale. Quelli di Italia viva sono convinti che il leader della Lega in quel caso non resterebbe un minuto di più nella maggioranza, e allora bisognerebbe trovarne un’altra, a loro dire impossibile se a guidare l’esecutivo fossero Daniele Franco o Marta Cartabia. Si sarebbe comunque in un anno pre elettorale, con interessi divergenti e tensioni inevitabili. La prima scelta per loro è stata a lungo e in parte resta quella dell’inamovibilità di Draghi, ma nel caso ai renziani non dispiacerebbe avere a Palazzo Chigi Dario Franceschini: unico del Pd lettiano, sostengono, che non ha come primo obiettivo quello di vederli morti.
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