L’emergenza Covid spinge Draghi al Quirinale. Il centrodestra prova a giocare la carta Frattini
Una carta coperta che va in questa direzione in realtà c’è. Se ne è parlato molto in riunioni riservate: si chiama Franco Frattini. L’ex ministro degli Esteri, della Funzione pubblica, ex commissario e vicepresidente della Commissione europea, ora presidente aggiunto del Consiglio di Stato, numero due di Filippo Patroni Griffi che è stato eletto alla Consulta e gli lascerà il posto nei prossimi giorni, ha lavorato nell’ombra, ma molto assiduamente negli ultimi mesi. Presente a inaugurazioni, convegni, seminari. Uomo di relazioni perfetto per il momento: ha cominciato con i socialisti, si definisce allievo di Giuliano Amato che era il suo professore di Diritto costituzionale all’università, ma è poi stato con Forza Italia e sempre al governo con Silvio Berlusconi (anche se in una recente lunga intervista a Tv 2000 ha detto di non aver mai avuto tessere di partito, anche se ha ricordato quanto fosse importante stare lontano dai fascisti negli anni ’70 al liceo Giulio Cesare di Roma, quello di Antonello Venditti). Con l’ex Cavaliere conserva ottimi rapporti. Così come con Meloni, Giorgetti e pezzi di centrosinistra. «È un nome che alla quinta votazione potrebbe avere più di una possibilità», prevede un ministro. Ma fin lì tocca arrivare e i rivali, anche nel centrodestra, sono tanti: Letizia Moratti (ai tempi della Commissione europea Berlusconi voleva mandare lei e non Frattini a Bruxelles), l’ex presidente del Senato Marcello Pera, perfino Gianni Letta, sebbene per ora impegnato nell’eterno ruolo di pontiere.
Frattini ha dalla sua un lavoro di cucitura di mondi durato anni. Pur avendo sempre fatto parte di governi di centrodestra, al Consiglio di Stato si è fatto notare per sentenze che – ad esempio – hanno dato ragione ai “passeurs” che aiutano gli immigrati al confine e sono perseguiti, ingiustamente, dalla legge. Da quando Di Maio è alla Farnesina, lo ha incontrato almeno ogni due mesi (il suo ruolo nell’intervento italiano in Iraq è evidentemente considerato acqua passata). A sentirlo evocare, Borghi dice: «Magari! ». E Guido Crosetto, fuori dal Parlamento, ma sempre vicino al centrodestra, racconta: «È un primo della classe. Qualunque cosa faccia, la fa bene. È stato il più giovane consigliere di Stato di sempre. Scia ed è maestro di sci. Non sapeva l’inglese al suo primo incarico agli Esteri e lo ha imparato in sei mesi».
Insomma, a sentire la destra, un prodigio. A sentire la sinistra, un nome più che presentabile (con Amato ha ancora un ottimo rapporto). Non fosse per quel piccolo particolare che Berlusconi non intende mollare e che – in caso molli – non è detto lo faccia per un esponente di centrodestra, sarebbe una strategia quasi pronta. Ma di strategie, in questo momento, se ne vedono poche. Si parla di scivolamenti, di situazioni che rischiano di imporsi per la tragicità del momento: votare il capo dello Stato con centinaia di migliaia di contagi al giorno e il sistema economico di nuovo in pericolo rischia di sovvertire qualsiasi equilibrio i leader possano tentare di trovare adesso. Meloni lo ha detto qualche giorno fa ai suoi con una battuta, che dà l’idea del clima: «In un Parlamento come questo, dove nessuno controlla nessuno, rischiamo di finire come nel film di Bisio: quello in cui votano uno che si chiama Giuseppe Garibaldi. E un perfetto sconosciuto diventa capo dello Stato».
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