Draghi difende la stretta:“Frutto di dati scientifici, non compromesso politico”

Ilario Lombardo

Alle sei di oggi pomeriggio Mario Draghi sarà seduto davanti alle telecamere e avrà accanto a sé il coordinatore del Cts Franco Locatelli e i ministri della Salute e della Scuola Roberto Speranza e Patrizio Bianchi. Il presidente del Consiglio tornerà a parlare dopo quasi venti giorni. Da quanto risulta, si è pentito di non averlo fatto subito dopo il via libera del Cdm al decreto che impone l’obbligo vaccinale agli over 50, una misura enorme per la vita privata e sociale degli italiani. Lo farà oggi, in una giornata cruciale perché milioni di studenti torneranno in classe dopo le vacanze e perché entreranno in vigore i divieti che colpiscono chi non ha il vaccino e il Super Green Pass, rilasciato solo dopo l’immunizzazione o la guarigione dal Covid. La composizione del tavolo dà immediatamente il senso della conferenza. Gli ultimi venti giorni sono stati travolgenti, la variante Omicron ha rimesso in discussione tutta l’architettura delle restrizioni anti Covid del governo, accelerando una nuova, ben più severa stretta contro i No Vax e a difesa delle terapie intensive.

Draghi, però, non si fa illusioni: a due settimane dalla prima votazione per il Quirinale sa che in un modo o nell’altro le domande ritorneranno martellanti su questo tema. Il premier, salvo ripensamenti, non dovrebbe aggiungere nulla di più rispetto a quanto già detto durante la conferenza stampa di fine anno, il 22 dicembre scorso. Né, come spera qualcuno all’interno anche dei partiti di maggioranza, intende tirarsi fuori dalla corsa al Colle. Quando lo fece sette anni fa, ricorda chi lo conosce bene, rilasciò una dichiarazione precisa in un momento preciso. Cosa che non dovrebbe fare oggi. Draghi parlerà delle misure dell’ultimo decreto, per spiegarle, contestualizzarle alla luce dell’andamento dei contagi, precisare che le scelte non sono state piegate dalle esigenze di mediazione politica, ma decise seguendo logiche scientifiche e in maniera collegiale tra capidelegazione dei partiti, ministri ed esperti della Salute.

È quello che sta dicendo da giorni ai suoi collaboratori, in risposta alle critiche per aver concesso troppo ai partiti, piovute anche dalla comunità scientifica – compresi membri del Cts –, e alle rimostranze di chi considera eccessivo il ricorso all’obbligo, seppur circoscritto dai 50 anni in su: «Va spiegato che i provvedimenti non sono stati dettati da un compromesso politico ma sulla base dei dati scientifici, per proteggere gli ospedali». Ma allo stesso tempo dirà che è forte il bisogno di non veder precipitare il Paese in un nuovo lockdown, che avrebbe depresso l’economia, sfibrato il tessuto sociale e gettato nella disperazione molti lavoratori.

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