Mario Draghi e la direzione di marcia
di Massimo Franco
Per il momento, Mario Draghi fa il capo del governo. E fino a quando rimarrà a Palazzo Chigi, continuerà a farlo con un obiettivo rivendicato con orgoglio e, a tratti, con durezza: andare avanti con le vaccinazioni per tenere l’Italia aperta, a partire dalle scuole; e fare capire chiaramente ai no vax che il loro atteggiamento non danneggia solo loro: comporta costi alti per tutti, e sempre meno accettabili. Il premier non ha esorcizzato le diversità presenti nella sua coalizione. Anzi, le ha riconosciute, rivendicando la volontà e l’esigenza di mediare per arrivare all’unanimità: sempre, però, che la mediazione abbia un senso.
Un «atto riparatorio»: Draghi ha definito la sua conferenza stampa di ieri sera con parole inusuali, e chiedendo scusa per avere sottovalutato le attese di chi voleva capire la direzione di marcia dopo le decisioni del Consiglio dei ministri della settimana scorsa. Ma tanto è stato prodigo di spiegazioni su scuola, bollette, vaccini, fondi europei, quanto è stato prudente fino alla reticenza sulle voci che lo riguardano di qui a una manciata di giorni. «Non rispondo a domande su futuri sviluppi, sul Quirinale o altro», sono state la premessa e la promessa. E le ha mantenute.
L’intento evidente è stato quello di proteggere l’esecutivo dai contraccolpi di una confusione e di uno stallo crescenti sulla successione a Sergio Mattarella; di non concedere spazi a quanti lo aspettavano al varco per additarlo come premier insostituibile o candidato al Quirinale, magari col calcolo inconfessabile di escluderlo da entrambe le cariche. L’impressione è che Draghi si sia ancorato al presente per non compromettere i «futuri sviluppi» ai quali ha fatto cenno: dovunque possano portarlo.
Certamente, nel riferimento alla mediazione «se ha un senso», si può leggere in filigrana un avvertimento alle forze politiche: soprattutto a quelle che già minacciano di uscire dalla maggioranza se Draghi diventasse capo dello Stato. È sembrato un modo indiretto per dire che anche come premier sarebbe disposto a continuare soltanto se fosse salvaguardata l’unità di questi undici mesi; e che, pare di capire, considera essenziale in ogni passaggio istituzionale: tanto più in una fase come l’attuale. Lo ha fatto con un piglio sicuro, e insieme con la consapevolezza di essere accompagnato da malumori trasversali della propria coalizione.
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