Omincron spinge 5 milioni di italiani in smart working, consumi in picchiata

Consumi giù

Anche i consumi, però, subiscono l’effetto Omicron, e a farne le spese sono soprattutto pubblici esercizi, il commercio ed il turismo: il 51% dei consumatori nelle ultime due settimane ha evitato di servirsi di bar o ristoranti, o comunque ha ridotto la frequentazione di pubblici esercizi e locali. Il 32% – ovvero un italiano su tre – ha rinunciato a fare un viaggio o ha disdetto una vacanza già prenotata. Una quota identica, pari al 32%, in parallelo ha evitato o ridotto gli acquisti nei negozi per timore degli assembramenti. Un dato quest’ultimo confermato anche dall’andamento dei saldi di fine stagione appena partiti: le vendite hanno rallentato fino quasi allo stop, segnalano da Confesercenti calcolando che già circa un milione di clienti abbia rinunciato a fare shopping proprio per paura dei contagi. E anche chi fa lo stesso shopping adotta comportamenti più prudenti: il 25% non entra nei negozi se vede troppe persone, e preferisce fare la fila fuori dai punti vendita.

Allarme negozi di vicinato

«Purtroppo è innegabile che per tantissime imprese di fatto si sia già tornati in zona rossa: l’aumento dei contagi ha creato un clima di sfiducia che sta rallentando fino quasi allo stop i consumi delle famiglie. Un problema soprattutto per le piccole e piccolissime imprese italiane del turismo, della ristorazione, del commercio e dei servizi – segnala De Luise – . Attività di prossimità, spesso a conduzione familiare o poco più strutturate, che già faticano a tenere aperto perché hanno gli organici dimezzati da quarantene e contagi e non hanno la forza lavoro per sostituire i dipendenti».

Per la presidente di Confesercenti si tratta di «una situazione di grande difficoltà che rischia di mettere la parola fine alla ripresa: in questo quadro a mio avviso non basta “non escludere” l’ipotesi di nuovi sostegni, bisogna intervenire al più presto, con misure adeguate – a partire da indennizzi e credito – per le imprese di tutti i settori colpiti, anche e soprattutto quelle meno strutturate, evitando però il criterio dell’Ateco, che si è dimostrato in passato poco preciso, escludendo ingiustamente molte attività. Servono soluzioni alternative».

LA STAMPA

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