Patrizio Bianchi: “La Dad non è il demonio, ma ci sono regole precise. Sì agli hub nelle scuole”
NICCOLò CARRATELLI
ROMA. Non fa previsioni, Patrizio Bianchi. Del resto, è impossibile descrivere quale sarà la situazione nelle scuole italiane, da qui a fine mese: «Per ora i problemi riscontrati sono gestibili – dice il ministro dell’Istruzione – e siamo attrezzati per affrontare un eventuale peggioramento del quadro». L’importante è affermare un principio, cioè che «la scuola resta aperta e in presenza, una scelta portante di questo governo», sottolinea Bianchi nell’intervista con il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, per la trasmissione 30 minuti al Massimo (versione integrale su lastampa.it). Di fronte al possibile aumento di contagi e assenze tra studenti e docenti, l’indicazione, che suona come un avvertimento per presidi, sindaci e governatori, è chiara: «Il ricorso alla didattica a distanza non può essere indiscriminato, ci sono regole precise da seguire».
Secondo l’Associazione nazionale dei presidi, potremmo ritrovarci con 200mila classi in Dad nel giro di una settimana…
«Guardi,
io non escludo né affermo niente, ma siamo pronti ad affrontare tutte
le situazioni, anche quelle più estreme. In Italia abbiamo 365mila
classi, allo stato attuale non c’è questo scenario, poi può darsi che ci
sia un aumento nei prossimi giorni, ma il tema non è se ci sarà o meno
un maggiore ricorso alla formazione a distanza. Che, comunque, non è il
demonio, ma uno strumento da usare in modo specifico e per un tempo
specifico».
Il governo manterrà le promesse su la scuola nella quarta ondata? Il direttore Giannini intervista il ministro dell’Istruzione Bianchi – L’integrale
E qual è, allora, il tema?
«È che abbiamo fatto
una norma, il decreto del 5 gennaio, che dà una linea di marcia chiara:
la scuola deve essere aperta e, nel caso, deve essere l’ultima a
chiudere. E abbiamo definito regole precise per usare la didattica a
distanza, che non può essere un provvedimento generalizzato, preso a
livello regionale o comunale, e senza giustificazioni. Non può valere
per tutti, insomma, ma solo in situazioni specifiche».
Per questo avete fatto ricorso contro l’ordinanza del presidente della Campania De Luca, bocciata dal Tar…
«Ha
fatto ricorso anche un gruppo di genitori, che non voleva la chiusura
delle scuole. Come governo, ci siamo confrontati fino all’ultimo minuto
con i presidenti delle Regioni, poi abbiamo fatto una scelta di unità
del Paese».
De Luca ha detto che avete usato gli studenti come cavie. Come risponde?
«Mi
permetta di non commentare questa frase, ma penso ci sia il dovere
istituzionale di misurare le parole, da parte di tutti. D’altra parte,
ricordo che abbiamo avuto il massimo dei contagi quando la scuola era
chiusa. E, come ha sottolineato anche il presidente Draghi, non è che,
se non vanno in classe, gli studenti restano blindati in casa. Avere la
scuola chiusa con i ragazzi in giro sarebbe difficilmente spiegabile».
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