La mossa di Draghi: nei colloqui con i fedelissimi il premier respinge la tentazione del semipresidenzialismo
Così, il primo tentativo della triangolazione è stato quello di convincere il leghista a sostenere un Mattarella bis. Ma su questo, il segretario del Carroccio ha il problema Giorgia Meloni, mascherato da «rispetto assoluto per le parole del capo dello Stato sulla sua indisponibilità». In subordine, si tenta di trovare un nome che possa unire tutti e – questa la richiesta di Salvini – che non venga sempre dalla solita area di centrosinistra. Perché già la missione di trainare il centrodestra su una soluzione diversa da quella di Silvio Berlusconi è difficile. Se fosse per far “vincere” il Pd, sarebbe impossibile (e infatti, prende quota il nome dell’ex ministro dgeli Esteri e commissario europeo Franco Frattini).
Ma siamo all’inizio della trattativa, questo è il punto. E a ogni incontro, le condizioni cambiano, si rimuovono ostacoli, se ne incontrano di nuovi. Quel che è certo è che a Conte, Letta e Salvini parlarsi conviene per una ragione fondamentale: tutti e tre hanno dei rivali da tenere a bada. Il presidente del Movimento soffre – è un eufemismo – l’attivismo di Di Maio, che avrebbe dalla sua 40-50 parlamentari (alcuni anche tra gli ex M5S del Misto). «Ormai è un corpo estraneo, se viene alle riunioni non dice una parola», dice una fedelissima contiana.
Enrico Letta teme invece le mosse di Matteo Renzi, che con l’ostentato dialogo con Salvini ha già tentato di prendere il pallino in mano e che potrebbe essere pronto a tutto pur di fare l’ennesima mossa del cavallo. Ha dalla sua una cinquantina di parlamentari e un accordo con i 32 di Coraggio Italia capitanati alla Camera dall’ex forzista Marco Marin.
Matteo Salvini, dal canto suo, ha l’occasione di prevalere sulla rivale interna Meloni e di guidare la coalizione su un nome più realistico di quello di Berlusconi. Che lo stesso Gianni Letta sembra escludere nel momento in cui dice, alla camera ardente di David Sassoli, che i grandi elettori dovranno ispirarsi al clima che si respirava alla Camera e al Senato durante la commemorazione del presidente del Parlamento europeo. E quindi «superare le differenze di parte». Secondo Maurizio Lupi, si tratta dell’«invito al dialogo» di chi è preoccupato e ripete a Berlusconi: «Attento, se fallisci ti fai male». Mentre altri consiglieri – come Fedele Confalonieri – lo invitano a insistere convinti della sua capacità di compiere imprese impossibili. Leader di Noi con l’Italia, dominus del gruppo misto di Montecitorio, Lupi fa una profezia: «Comunque vada, entro questo week end finisce il primo tempo della partita. Berlusconi farà vedere le sue carte, gli alleati dovranno decidere se sostenerlo fino al voto – magari puntando su di lui già alla terza votazione – o se scegliere tutti insieme un’altra strada». Che potrebbe sempre essere Draghi – almeno così sperano i ministri più legati al premier – anche se una cosa è certa: con sempre più insistenza, si cercano altre strade.
LA STAMPA
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