E Gianni Letta va a Palazzo Chigi. L’ira del Cavaliere: “Non sapevo nulla”
I sospetti, si diceva. L’ex premier è amareggiato, vuole capire cosa c’è dietro, visto che uno dei suoi uomini di maggiore fiducia, è andato a Palazzo Chigi, a parlare con il braccio destro del suo principale avversario nella partita del Quirinale, senza avvertirlo e prima del vertice che poche ore dopo lo avrebbe incoronato candidato del centrodestra. Anche il coordinatore Antonio Tajani e la senatrice Licia Ronzulli non sono sereni. Si soffermano ad analizzare il tempismo scelto da Letta e le sue mosse nelle ultime 72 ore. Mai, dicono, negli ultimi anni era stato così tanto loquace in così poche ore. Alla camera ardente di David Sassoli, l’altro ieri, e poi di nuovo a margine del funerale, Letta ha lanciato un invito a guardare oltre le bandiere, «all’interesse generale e al bene comune». Nessuna parola spesa a favore di Berlusconi, né un segnale indirizzato verso una miracolosa convergenza in Parlamento.
In questo groviglio di dubbi, Letta si attira anche un sospetto ulteriore. Gli uomini di Berlusconi si chiedono cosa stia tramando. Se Draghi stia semplicemente giocando di sponda con l’uomo delle trattative segrete di FI, o se Letta stia addirittura accarezzando la possibilità che, nel rimpallo dei veti, possa finirci lui, a quasi 87 anni, al Quirinale. È una voce che corre tra i partiti, frutto anche delle frequentissime chiacchierate che ama avere con i leader o i loro ambasciatori di fiducia. Per esempio, con Luigi Di Maio e con Giuseppe Conte nel M5S, con Giancarlo Giorgetti nella Lega. Chiede, si informa, vuole capire chi controlla chi, quanti voti sono a rischio, quali candidature alternative – Marta Cartabia, Letizia Moratti, Pierferdinando Casini, Giuliano Amato – possono reggere. Per Draghi è una risorsa preziosa, per le sue capacità di relazioni e perché può rappresentare il primo pontiere a cui affidare le rassicurazioni da trasmettere ai partiti. Una su tutte, quella che vogliono sentirsi ripetere ogni giorno i parlamentari, e da cui dipende l’elezione del premier a futuro presidente della Repubblica: un governo si troverà, e la legislatura non terminerà prima.
LA STAMPA
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