Quirinale, il regista che manca nel gioco del Colle

La verità è che finora il gioco del Quirinale non ha trovato il suo regista. Ci sono due blocchi, nessuno dei quali con le idee chiare. Del resto il centro di gravità continua a essere l’assetto del governo. Essere decisivi nella scelta del capo dello Stato offre buone probabilità per esserlo altrettanto negli equilibri della prossima coalizione. Con Draghi o senza Draghi. E se il presidente fosse miracolosamente eletto da un’ampia maggioranza – diciamo in stile Ciampi – ancor più il confronto si sposterebbe sul terreno del governo.

Con due ipotesi. La prima è un disimpegno totale dei partiti nell’anno elettorale: quanto di peggio se si pensa al Pnrr e alle responsabilità che ne derivano. Un simile scenario rende plausibili le elezioni anticipate, sbocco tutt’altro che inverosimile in caso di stallo. La seconda ipotesi è il contrario: un governo dal forte carattere politico, nel quale un gruppo manovriero come i centristi di Renzi potrebbe trovare uno spazio che oggi ha perso.

Ma tutto ciò è prematuro. A febbraio il quadro sarà assai diverso da oggi. Giorgia Meloni, ad esempio. Se la si coinvolge nell’elezione presidenziale – e lei oggi è premiata dalla sua tattica – come si può escluderla dai passi successivi, a cominciare dalla riforma elettorale? Lei che è per il maggioritario, al pari di Enrico Letta, in un Parlamento filo-proporzionale…

Basta questo elemento per scardinare varie strategie e dimostrare che il nesso tra Quirinale e destino del governo, o forse della legislatura, è sempre più stretto.

REP.IT

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