Fermare il ballo col diavolo


C’è dunque qualche ragione superiore che spiega la decisione, e ha la forza di spazzar via tutte le evidenze contrarie. Questa ragione va cercata nella natura antipolitica della destra italiana di Salvini e Meloni, nella tentazione continua di corteggiare il sentimento dell’Antistato, nella scelta di riconoscersi pienamente nell’agibilità del sistema repubblicano ma non nei suoi valori liberali, flirtando al contrario con i leader che propongono un’interpretazione neo-autoritaria della democrazia e contestano i principi dello Stato di diritto. L’anomalia trasformata in candidatura al Quirinale è la scelta conseguente a questa impostazione teorica. Se poi si insediasse al Quirinale, vincendo, sarebbe con questi connotati la prefigurazione di un nuovo ordine, da saldare con la possibile vittoria della destra sovranista alle elezioni politiche: in un Paese pericolosamente inclinato sul suo fianco estremo.


Ma già oggi, anche da solo, il nome di Berlusconi per queste ragioni rappresenta una rottura dell’equilibrio tra politica, istituzioni e tradizione repubblicana. L’eccezione viene prescelta in quanto tale, la contraddizione si trasforma in deroga permanente, anzi si sublima diventando consustanziale alle istituzioni. A quel punto, tutto è consumato: il nazionalismo sovranista avrà compiuto il suo disegno di deformazione dello Stato e Berlusconi col suo istinto avrà rifondato una seconda volta la destra italiana. In peggio. Salvo che il parlamento si rifiuti di ballare col diavolo, vendendosi l’anima.

REP.IT
 

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