Cosa distingue la «buona politica»

di   Angelo Panebianco

Ci sono due domande rispondendo alle quali diventa possibile chiarire quale sia la reale posta in gioco nella partita del Quirinale. La prima domanda è: perché alcuni auspicano e altri (a occhio, molti di più) temono che, una volta eletto il presidente della Repubblica, il governo Draghi lasci il posto — con o senza elezioni anticipate — a un altro governo questa volta totalmente controllato dai partiti? All’apparenza non ci sarebbe niente di male: non è forse la regola in democrazia? Perché l’eventualità che un governo siffatto si formi getta nello sconforto tanti italiani nonché chi, fuori d’Italia ci chiede stabilità e affidabilità? Questa prima domanda è collegata a una seconda: esiste un criterio, non banalmente moralistico, per distinguere la «buona politica» dalla «cattiva politica»?

La prima domanda mette in gioco l’eterna discussione sul cosiddetto «governo dei tecnici». Poco importa che il suddetto sia un animale inesistente , mitologico (come l’Unicorno o il Minotauro) . Poco importa che già all’inizio del Ventesimo secolo Benedetto Croce sbertucciasse chi non capiva che i governi dei tecnici non esistono. Il cosiddetto governo dei tecnici è semplicemente un governo guidato da un «intruso» (anche lui un politico ma che, per storia personale, non è stato allevato entro le consorterie politiche esistenti) . Se non che, l’intruso, soprattutto se di qualità, non è lì per uno scherzo del destino. È lì perché le consorterie in questione (i partiti), non sono state in grado di dare vita a soluzioni di governo efficienti, all’altezza della situazione di emergenza che il Paese deve fronteggiare. L’alternativa non è mai fra governo dei tecnici e governo «politico» o dei partiti. L’alternativa è solo fra governi all’altezza e governi non all’altezza. Nel caso di Draghi , data la sua storia personale, alla diffidenza dei partiti per l’intruso si somma l’ostilità di quelli che, tetragoni assertori di fossilizzate ideologie novecentesche (diffuse a sinistra come a destra), lo bollano come «uomo della finanza internazionale», longa manus dei «poteri forti» che reggono, a loro dire, i destini del mondo.

Ciò che temono coloro che guardano con preoccupazione a nuove combinazioni di governo senza più intrusi, è che i partiti in questa fase non siano in grado di dare vita a governi capaci di fronteggiare i problemi incombenti: irrobustire la ripresa economica in atto, tenere sotto controllo la pandemia, spendere in modo efficiente i fondi europei, fare le riforme necessarie eccetera.
Ciò ha a che fare con la seconda domanda: cosa distingue una buona da una cattiva politica? E perché sono (siamo) quasi tutti convinti che, non più tenuti a bada dall’intruso, difficilmente i partiti riuscirebbero a fare una buona politica?

Che cosa è una buona politica? È una politica in grado di mantenere un certo equilibrio fra la soddisfazione di interessi di breve termine e il perseguimento di interessi di medio-lungo termine. È una politica che rinuncia a consumare oggi tutte le uova disponibili (ne consuma solo alcune) in modo da avere qualche gallina domani.

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