Quirinale, bivio Casini-Draghi tra quarta e settima votazione. E torna l’idea Mattarella

di Francesco Verderami

Elezione del presidente della Repubblica, oggi la prima votazione. Il centrodestra alla ricerca di una soluzione condivisa, ma rischia la spaccatura. Nel centrosinistra tramonta l’opzione Riccardi. Renzi avanza la richiesta di «un’iniziativa politica» al premier

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Appuntamento tra la Quarta e la Settima: è l’incrocio delle votazioni dove i leader politici scommettono terminerà la corsa per il Colle. Il 24 gennaio invece i partiti sceglieranno la scheda bianca, che è il modo migliore per non contarsi e non mostrarsi come sono. Divisi. E se sono divisi i partiti, figurarsi le coalizioni.

Nel centrodestra del «dopo Berlusconi», Salvini e Meloni sono davanti a un bivio
esistenziale: senza il Cavaliere a far da mastice e da ammortizzatore dell’alleanza, devono gestirsi un rapporto personale difficile e un passaggio politico che potrebbe segnare le loro sorti e quelle del rassemblement. Forza Italia è fuori dai giochi, esposta ai rischi di un’Opa ostile da destra e dal centro: è per tutelare il suo partito che l’altra sera Berlusconi aveva detto no a Draghi per il Quirinale.

Il capo della Lega non ha terne per prevalere nel ruolo di kingmaker. La presidente di FdI vuole evitare di restare esclusa dalla partita. Entrambi non hanno margini di manovra e sanno che dovranno infine accettare una soluzione «condivisa»: Casini o Draghi. Nel primo caso il centrodestra si spaccherebbe sul voto per il nuovo presidente della Repubblica. Nel secondo si spaccherebbe sul voto per il governo.

Nel centrosinistra l’idea di votare subito Riccardi è rientrata, perché avrebbe scatenato i franchi tiratori del Movimento e del Pd, affondando immediatamente la coalizione e il candidato che ieri aveva cambiato i profili Facebook, postando le sue foto insieme a Mattarella e Merkel. È tale la preoccupazione per un agguato a scrutinio segreto che Letta chiesto ai grandi elettori dem di non fare «come i ragazzini di una scuola materna». E siccome non vede vie d’uscita, stretto com’è dai capi delle correnti interne, dopo essersi barcamenato tra Draghi, Casini e Amato è tornato a chiedere il bis di Mattarella. Sarebbe clamoroso se il leader del Pd non avesse informato il capo dello Stato prima di citarlo pubblicamente, il fatto è che Conte dentro M5S è tagliato fuori: il trio Di Maio-Fico-Grillo ha deciso di sostenere il premier in opposizione all’ex presidente della Camera, ritenuto il candidato del «patto di sindacato dei partiti in crisi». Come se loro non lo fossero.

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