Draghi in campo, ora tratta con i leader ma frena sul rimpasto: “Non resto a ogni costo”
Ma questi sono tutti disegni che rimangono in sospeso, interrotti dalla nettezza con cui Draghi rinvia la questione dei posti di governo. L’ex banchiere non vuole entrare nel dettaglio delle caselle ministeriali e dei nomi. Sarebbe troppo. Già è la prima volta che un presidente del Consiglio tratta la propria elezione al Colle. E, in fondo, era inevitabile che lo facesse, perché il trasloco da Palazzo Chigi porta con sé un’incognita sul governo che pesa troppo sulle strategie dei partiti e sull’interesse dei parlamentari di garantirsi gli undici mesi finali della legislatura. Ma il premier sa bene chi ha la prerogativa di indicare i ministri e chi di nominarli. Ed è quello che ripete a Salvini. Sarebbe «inopportuno» se fosse lui a decidere ora chi dovrebbe comporre la squadra di governo poi, nel caso in cui salisse al Colle. Eppure, è ciò che pretende di sapere il leghista, perché in quest’altalena di paradossi l’epilogo è già nella premessa, se l’ex presidente della Bce verrà scelto come successore di Sergio Mattarella.
Draghi mette in conto di non farcela. I venti di guerra in Ucraina potrebbero spostare gli equilibri quirinalizi e la videoconferenza di ieri sera tra il premier, il presidente Usa Joe Biden e altri leader europei dà il senso delle enormi tensioni con la Russia. Nei calcoli del suo entourage la scommessa sarebbe di strappare la nomina entro la quarta votazione. Farlo alla terza, domani, sarebbe ancora meglio, perché sancirebbe un’elezione a larghissima maggioranza. Inoltre, si eviterebbe di andare in mare aperto, dalla quarta votazione in poi, quando il quorum necessario scenderà e l’aritmetica potrebbe offrire delle sorprese su altre candidature, anche oltre le uniche due – il Mattarella bis e l’ex premier Giualiano Amato – che il capo del governo ha lasciato intendere di poter sostenere.
Il premier ha bisogno ancora di ore per trattare. Vuole anche capire le reali mire dei leader. Ha percepito per esempio un irrigidimento in Giuseppe Conte. E una conferma gli è arrivata dal ministro grillino Luigi Di Maio, che con il collega leghista Giancarlo Giorgetti sta lavorando a smussare il fronte degli ex gialloverdi. Di Maio è preoccupato che il M5S possa restare isolato ma la saldatura tra Conte e Salvini, magari sul nome del presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini, è un tema che impensierisce anche Palazzo Chigi. Non è il solo. Matteo Renzi ha detto chiaramente ad alcuni amici fidati di Italia Viva come la vede: «Da giovedì si inizia a ballare la rumba e sapete chi è il miglior ballerino? Pierferdinando Casini».
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