Quirinale, il grande sfascio di Montecitorio e il gioco al massacro dei leader
Un’altra cosa certa è che – con l’orologio fermo a ieri sera – i capicorrente del Pd, piuttosto che veder rispuntare Draghi dopo uno scontro in aula alla quarta votazione su Casellati o chicchessia, preferirebbero che Letta lavorasse a soluzioni alternative: Franceschini, Lotti, Guerini propendono per Pier Ferdinando Casini. Andrea Orlando e la sinistra per Giuliano Amato, temendo nella prima opzione un’operazione centrista che non si esaurisca nel voto per il Colle. Dice Matteo Orfini, minoritario con i giovani turchi, ma tra i primi a invocare il ritorno di Mattarella: «Dal principio penso questo: si deve consumare questa cosa di Draghi. Poi si apre una partita vera nella quale dovrà entrare anche il premier, che va coinvolto nella decisione per il prossimo capo dello Stato in modo che il quadro sia il più saldo possibile». Non ripete la parola Mattarella, ma ci siamo capiti.
Eppure tutta l’ala del Movimento che fa capo a Di Maio rimane convinta che alla fine, in un modo o nell’altro, al premier si arriverà. Il ministro degli Esteri lo ha detto in videocall a Conte, Todde, Patuanelli, Taverna , Gubitosa, Ricciardi. E loro gli hanno spiegato, tutti: «Luigi, non c’è nessun veto, ma se lì si dovesse arrivare dopo uno scontro, sappi che noi non avalleremmo l’entrata in un nuovo governo». Hanno detto che deciderà il blog, certo, ma agli iscritti saranno spiegate esclusivamente le ragioni per non entrare. Non basta a convincere il capo della Farnesina. Spiega uno dei deputati a lui più vicini, incaricato di fare i primi sondaggi: «Anche se il Movimento si mettesse contro, 170-180 voti andrebbero su Draghi. Perché altrimenti la maggioranza si spacca e il governo cade. A quel punto, se noi diciamo che non entriamo nel governo, il Pd fa lo stesso e la pressione dei parlamentari sarà talmente forte che dovremo invece entrarci tutti. Come quando Draghi fu chiamato da Mattarella». Stesso schema, quindi, con il premier che parla con Grillo e con Fico, capace quindi di sedurre ancora un pezzo di 5 stelle. Solo che stavolta a essere ostili non sono solo loro. E la storia potrebbe, d’improvviso, cambiare.
LA STAMPA
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