Quirinale, l’intesa necessaria

di Massimo Franco

Prende forma un accordo, forse oggi spunterà l‘identikit del possibile successore di Mattarella

Forse, almeno metodo e profilo sono stati abbozzati. Dunque, una candidatura in grado di rassicurare il Parlamento che non sarà sciolto prima del 2023; concordata in modo tale da evitare tentazioni di sfondamento della maggioranza che finora ha garantito il sostegno a Mario Draghi; e in grado di non compromettere la credibilità dell’Italia sul piano internazionale. Probabilmente, l’identikit spunterà oggi. Le riunioni notturne sarebbero servite a togliere di mezzo almeno alcuni dei veti, evidenti o nascosti, disseminati nei giorni scorsi. E la terza votazione a vuoto di ieri ha rivelato l’impazienza dei grandi elettori per una soluzione rapida: sebbene a tarda sera qualunque accordo apparisse ancora in bilico. Le preferenze sparse tra le centinaia di schede bianche sono state una sorta di geroglifico offerto ai leader come un alfabeto da interpretare per arrivare a una designazione che raccolga più consensi possibili. I voti al capo dello Stato uscente, Sergio Mattarella, hanno rappresentato un messaggio di nostalgia non solo nei suoi confronti, ma a favore della stabilità e dell’imparzialità che ha incarnato e garantito nel suo settennato: sebbene non possano essere considerati come l’anticamera di una sua ricandidatura, da lui esclusa ripetutamente.

Quanto a quelli raccolti dall’ex parlamentare Guido Crosetto, di Fratelli d’Italia, doppi rispetto alla consistenza del partito di Giorgia Meloni, sembrano soprattutto il riflesso della competizione per il primato nel centrodestra; e una smentita della «rosa» dei tre candidati annunciati appena ventiquattr’ore prima dai leader di quello schieramento. La lievitazione anomala dei consensi a Crosetto è suonata soprattutto come un avvertimento degli alleati al capo leghista Matteo Salvini: come se gli dicessero che il suo ruolo di regista non è affatto scontato.

Forse è stato anche quel voto anomalo a scoraggiare l’azzardo di una candidatura di schieramento che avrebbe ottime probabilità di schiantarsi; e comunque segnerebbe una pericolosa forzatura. Hanno colpito di più le schede, cinquantadue, spuntate col nome di Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera, senatore eletto nelle liste del Pd. E le due appena a favore di Draghi. Non è chiaro se si sia trattato di una sorta di «no» preventivo dei grandi elettori al premier, o della protezione offerta a una candidatura comunque incombente. Forse, la notte di trattative che si è consumata dopo l’incontro dei segretari con i propri gruppi parlamentari porterà alla persona individuata come prossimo presidente della Repubblica.

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