Quella telefonata segreta tra il premier e Casini. “Pier, non avverso nessuno”. Il consiglio del Cav a Renzi
Così i telefoni sono tornati a squillare. Anche perché tra le ambizioni del premier, i dilemmi del centrodestra e le difficoltà di Enrico Letta, il puzzle si è fatto sempre più complesso. Immaginate il povero segretario del Pd alle prese con le questioni poste da Draghi. Prima la voglia dell’ex governatore della Bce di salire sul Colle più alto. Poi le condizioni nel passaggio ad altri nomi: «Mattarella bis o Amato». Roba da diventare matti. Tant’è che alla fine uno degli altri protagonisti di questa crisi nella terra di «centro» se l’è presa con il grande consigliere del premier Antonio Funiciello: «Draghi se non andrà al Quirinale lo deve solo a lui. Ai suoi errori».
Alla fine Enrico Letta si è ritrovato in mezzo alla morsa di chi non voleva mandare il premier al Quirinale o, comunque, non si sarebbe sacrificato per aiutarlo: Giuseppe Conte, Dario Franceschini e Matteo Renzi.
Salvini, vista l’inaffidabilità della Meloni, ha dialogato proprio con quel gruppo, con chi non voleva Draghi. Ha tentato di tenere in piedi una coalizione che purtroppo è minata da troppe ambizioni individuali, ma ha anche cominciato ad immaginare una via d’uscita. Lui era partito con un’idea in testa: o riusciva Silvio Berlusconi, o si tentava con Letizia Moratti. Ma Letta e la sinistra hanno usato la tecnica del carciofo, ponendo veti uno dopo l’altro. In più le divisioni interne hanno sconsigliato di tentare l’impresa.
Costretto, a malincuore, ha esplorato una subordinata. «Se sei tu a ipotizzare il nome di Casini – ha spiegato Matteo Renzi al leader della Lega – di fatto mantieni il ruolo di kingmaker. Io non posso lanciarlo altrimenti lo affosso, ma se tu non lo fai rischi di subire il suo nome o quello di qualcun altro. Inoltre si può dare una prospettiva politica ad un’operazione del genere con un accordo che preveda tra sette anni l’elezione diretta del presidente nell’ambito di una grande riforma costituzionale. Sarebbe un successo non da poco».
Insomma, a ieri sera la situazione era ancora confusa, anche se la necessità di trovare un’intesa larga è la strada meno rischiosa per tutti. L’ultimo ostacolo è arrivato dal presidente del Senato che ci aveva creduto. Per tutto il giorno la Casellati aveva ripetuto speranzosa nei saloni di Montecitorio: «Vediamo che succede…».
Così, prima di una di quelle notti quirinalizie dove può succedere di tutto, il centrodestra aveva immaginato di presentare due nomi a Enrico Letta e ai suoi alleati: Elisabetta Casellati per la difesa dell’identità della coalizione; Pier Ferdinando Casini come possibile compromesso. Vedremo se la notte porterà consiglio.
IL GIORNALE
Pages: 1 2