Quirinale, infilzato un candidato all’ora. E sullo sfondo resta Draghi

Franco Bechis

Si velocizza la corsa al Quirinale. Se alla vigilia delle votazioni i possibili candidati resistevano almeno lunghe ore, per poi essere impallinati magari la notte o il mattino dopo, ieri non si faceva in tempo manco a proporli, che nel giro prima di qualche mezz’ora e alla fine addirittura qualche minuto venivano infilzati. Sono così nate, cresciute e rapidamente tramontate le candidature di Silvio Berlusconi, Andrea Riccardi, Carlo Nordio, Letizia Moratti, Maria Elisabetta Casellati, Antonio Tajani, Marcello Pera, Elisabetta Belloni, Franco Frattini, Giulio Tremonti, Pierferdinando Casini e l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. Basta semplicemente essere lanciati in volo per essere due secondi dopo colpiti sia dal fuoco nemico che da quello amico che magari non ti aspettavi nemmeno. Sembra di assistere a un rito voodoo, su cui oggi scherziamo nel fotomontaggio di copertina, mettendo lì anche il beneficiario finale: l’attuale premier Mario Draghi che sulla carta nessuno vuole al Quirinale, ma che alla fine diventa sempre di più il muro in cui si andrà a sbattere. Naturalmente il povero Draghi non c’entra nulla con autorevoli personalità infilzate: il presidente del Consiglio è lì fermo in attesa di eventi che non dipendono da lui. Ma c’è un partito trasversale di suoi sostenitori che una mano a infilzare ora quello ora quell’altra la sta dando all’interno di ogni partito, magari versando benzina su quel focherello che si vede provvidenzialmente acceso.

Intendiamoci, i partiti e i loro leader hanno una bella responsabilità nel produrre il caos a cui stiamo assistendo anche perché sulla carta ci sono due schieramenti l’un contro l’altro armato, in realtà le contrapposizioni sono anche e soprattutto interne alle stesse coalizioni o addirittura ai singoli partiti.

Di sicuro in questo modo un nuovo presidente della Repubblica non si riesce ad eleggere, tanto è che ieri dopo quattro giorni buttati via si era tornati al punto di partenza: un bis di Sergio Mattarella (che non lo vuole e l’ha fatto capire e detto apertamente in ogni modo) o appunto Draghi, con tuttii problemi sul governo che comporta il suo trasloco al Colle. Enrico Letta l’altro giorno ha avuto una buona idea: chiudiamoci tutti in conclave a pane ed acqua, e non ne usciamo fin quando non si trova il nuovo presidente della Repubblica. Solo che lui ha in mente i conclavi che si fanno da lustri nel centrosinistra per ripulirsi l’anima in qualche abbazia  dove c’è il pane, l’acqua, ma pure vino e prezioso companatico. Passano ore e giorni a fare discussioni infinite che gratificano gli oratori, danno a tutti la convinzione di avere contribuito a risolvere i problemi del mondo e in realtà terminano con un nulla di fatto.

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