Presidente della Repubblica, a che punto siamo: lo scontro su una donna, i voti per Mattarella, i veti dei partiti

di Francesco Verderami

Blitz, trappole, dietrofront: la trattativa è ancora bloccata, alla vigilia della settima e dell’ottava votazione. Dopo l’annuncio di Salvini e Conte sulla candidatura di una donna, protestano i ministri del Pd. E avvisano Letta: così noi ci stiamo unendo alle forze estreme

desc img

Da ieri il centrodestra non esiste più e si vedrà fino a quando esisterà ancora il centrosinistra. La corsa per il Colle si trasforma in una rissa e dal caos emerge il blocco delle forze populiste, che avrebbe potenzialmente i numeri per imporre un proprio candidato al Quirinale ma che in quel caso farebbe saltare il governo. Tutto si consuma alla fine di una giornata in cui l’improvvida candidatura della presidente del Senato alla quinta votazione, viene usata da Salvini per uscire dal cul de sac in cui si trova. «Lui deve scegliere con quale veleno morire», diceva Bersani mentre si svolgeva lo scrutinio dall’esito scontato: «Deve decidere se tenere unito il centrodestra appoggiando Draghi, o se sacrificare il rapporto con la Meloni appoggiando Casini».

Il leader della Lega ha invece deciso di scartare, nella speranza di trovare una via di fuga: sapeva che la Casellati sarebbe caduta per effetto del fuoco amico, sapeva che gli avrebbero addebitato la sconfitta («questi sono i 101 di Salvini»), ma ha colto l’occasione per sbarazzarsi — d’intesa con la Meloni — dei centristi e di Forza Italia, considerati ormai propaggini di una storia finita. Così, al termine dell’incontro con il premier, Salvini ha chiesto a Letta e Conte un appuntamento. Il leader dem glielo ha accordato «a patto che cadessero i veti». Sembrava l’epilogo della Corsa, al punto che un membro della segreteria del Pd spiegava come si stesse andando «verso la soluzione: con Draghi al posto di Mattarella».

Ma al vertice Letta si è trovato stretto nella tenaglia dei due alleati ai tempi del governo giallo-verde, che da giorni cercano disperatamente di uscire dalla trappola. È a quel punto che Conte e Salvini — forti del sostegno della Meloni — hanno giocato di sponda sul nome della Belloni, lasciato inopinatamente dai democrat nella rosa. La cosa sorprendente è che Letta non ha posto subito il veto, non ha avuto la reazione che di lì a poco avrebbe avuto Renzi: «Il capo dei servizi segreti non può fare il presidente della Repubblica, com’è accaduto in Egitto con Al Sisi. L’assenza di un codice etico istituzionale si nota in chi ha fatto la proposta e in chi non si è opposto». Dopo l’annuncio del leader leghista e del capo grillino, nei gruppi parlamentari del Pd è esplosa la protesta e tutti i ministri hanno chiesto a Letta quale fosse «lo schema politico dietro questa candidatura: perché così noi ci stiamo unendo alle estreme».

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.