Vertice con Salvini, Draghi spiazzato dall’accelerazione su Belloni e dall’apertura di Letta
A Palazzo Chigi è una serata nera. Si respira sbigottimento ovunque. C’è chi ricorda quante altre volte Belloni era stata nel carnet delle grandi nomine. Solo negli ultimi giorni è stata in corsa come capo dello Stato, come presidente del Consiglio, in caso al Colle andasse Draghi, e come segretario generale della presidenza della Repubblica al seguito dell’ex banchiere. Meno di una settimana fa lei ha pure cercato di mettersi al riparo da tutta questa attenzione e a Draghi avrebbe detto: «Spero mi lascino in pace».
Proprio sulla nomina di Belloni ci fu una delle maggiori frizioni con Giuseppe Conte, quando il premier la mise a capo del Dis al posto di Gennaro Vecchione, fedelissimo del suo predecessore. Anche per questo, non è difficile immaginare l’umore del premier davanti a una candidatura che lo mette così in difficoltà. Sono ore per Draghi decisive. L’irrigidimento di Silvio Berlusconi sulla sua candidatura al Quirinale potrebbe essergli fatale.
La telefonata con cui l’ex presidente della Banca centrale europea ha corteggiato il leader di Forza Italia ancora ricoverato all’ospedale San Raffaele di Milano non è bastata. Dentro il partito la considerano tardiva e insufficiente. Forza Italia non si smuove dalla convinzione che debba restare a Palazzo Chigi. A Draghi lo ha ribadito anche il coordinatore Antonio Tajani, durante la visita serale dell’altro ieri. Il premier ha risposto che si atterà «alla decisione che prenderà il Parlamento», «salvo che qualcuno non faccia una mossa significativa che cambia lo scenario». Non potrebbe che essere così. Solo se i partiti si accordassero tra di loro, Draghi potrebbe traslocare al Quirinale.
I margini per farcela ci sono ancora. Silvio Berlusconi non ha gradito lo strappo di Salvini e Conte su Belloni, e se il fondatore di Fi dovesse convergere su Draghi allora i giochi si riaprirebbero. Non è per nulla semplice, anche perché mai come ieri in Transatlantico, tra i parlamentari che materialmente votano, c’era un’aria così decisa sul bis di Sergio Mattarella. Lo testimonia lo stupore del presidente della Toscana Eugenio Giani raccolto tra le chiacchierate dei grandi elettori: «Sono sceso a Roma pensando che in due giorni avremmo votato Draghi e sarei tornato a casa – ragiona Giani – . E invece mi sembra che qui siano disposti a votare chiunque tranne Draghi.
LA STAMPA
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