La fine delle coalizioni e della «nuova» politica
Al posto dei palazzi crollati, ci sono ora solo dei buchi, dei vuoti, in cui si potrà forse ricostruire, se si troveranno i materiali e gli architetti. Lo spazio più grosso è al centro. Venerdì notte Forza Italia e spezzoni centristi si sono riuniti per la prima volta in un’ideale «convention». Dall’esterno Matteo Renzi si è riconquistato una credibilità, ricucendo i rapporti con il Pd e tracciando il sentiero della resistenza alla destra. Si sa che l’ex «enfant prodige» avrebbe scelto Casini, e con lui i centristi di ogni risma, compresi quelli che alloggiano nel Pd come Franceschini. Ma può incassare il bis di Mattarella come un successo: in fin dei conti fu lui a sceglierlo sette anni fa, e non si era sbagliato. Dategli un proporzionale, e vi solleverà il Centro.
Ma a ben vedere la vera grande sconfitta di questa settimana è un’idea della politica, che in nome del popolo si presenta da anni come nuova, diversa, irriverente, moderna, anti-politica; e che invece dietro la maschera ha dimostrato di essere solo una specie deteriore di politica, persino più bizantina, misteriosa e opaca della precedente, fatta di incontri notturni e di missioni segrete, che i media non a caso hanno finito col raccontare come si fa con le indagini sui delitti. Un’idea populista, che tratta il popolo non come sovrano ma come spettatore, e tenta di accattivarsene i favori a furia di conigli nel cilindro e colpi di teatro. Matteo Salvini ne è stato il massimo interprete e per questo, anche oltre le sue responsabilità, esce come il vero perdente. Le carte che doveva dare se le è portate il vento, insieme alle rose, in una narrazione da casting televisivo, con il leader in giro per Roma a citofonare in cerca di candidati. Purtroppo c’è qualcosa di insito nel nostro sistema che rende inevitabilmente poco trasparente il processo di scelta del capo dello Stato, e non hanno torto coloro che se ne preoccupano e vorrebbero cambiarlo. Ma stavolta si è superato il limite.
E però, come spesso accade, Dio ha accecato chi voleva perdere. E alla fine al Quirinale andrà un uomo che concepisce la politica democratica, per nostra fortuna, all’opposto. La serietà che avevamo invocato prima che tutto cominciasse, l’abbiamo avuta solo nell’esito finale. Visti i tempi, è già molto.
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